Emanuele Giacomini, un fotografo professionista è continuamente spinto dalla voglia di catturare storie per portarle nei suoi scatti.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Emanuele Giacomini, vivo a Palombara Sabina in provincia di Roma».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Parlare di un percorso artistico è sempre complicato perché credo non ci sia un vero inizio. Un artista è colui che esprime le proprie idee ed emozioni attraverso una forma di comunicazione che potrebbe essere la fotografia, la pittura, la scrittura, la musica e… tanto ancora. Molte volte la parola artista viene sopravvalutata, credo che tutti quelli che cercano di dare forma alle proprie idee possano essere chiamati artisti a prescindere dal tipo di comunicazione. Per quanto mi riguarda sembra che con la fotografia sia la cosa che mi riesca meglio rispetto ad altre cose e ho iniziato ormai circa 20 anni fa con la prima macchina fotografica che mi fu regalata da mio nonno. Da lì in poi non mi sono più fermato e ho trovato attraverso quella “scatola” (la fotocamera) la mia possibilità di dire qualcosa».
Tu sei specializzato in diversi generi fotografici (reportage, book fotografici, ritratti e aziendale), ci puoi spiegare pregi e difetti dei vari generi?
«Io da una decina di anni fotografo per professione e quindi inevitabilmente mi sono dovuto specializzare in diversi generi fotografici. Ciò che però mi spinge a catturare un’immagine è il bisogno di raccontare qualcosa. Se vedo una situazione interessante davanti ai miei occhi la prima cosa a cui penso è di fotografarla con qualsiasi mezzo abbia a disposizione…. anche con il cellulare. Questa mia voglia di raccontare mi ha spinto a modificare l’impostazione con cui affronto anche i book fotografici. Quando ho un soggetto davanti non mi limito solo a fotografarlo in modo che l’estetica della persona sia risaltata, ma prima ci parlo, ci scherzo, cerco di mettere a nudo (per quanto possibile) la sua personalità affinché l’immagine finale parli anche della sua personalità. Ecco questa è la differenza fra una foto a una persona e un ritratto».
Come si crea secondo te la “giusta” serie fotografica?
«E’ come scrivere un libro, c’è bisogno prima di tutto di un’idea, una linea guida… poi bisogna affrontare di petto l’argomento cercando di raccontarlo il più possibile in prima persona».
Per alcuni tuoi scatti usi la pellicola fotografica, perché questa scelta?
«Uso spesso la pellicola perché mi permette di ragionare di più, ogni scatto richiede tempo e pianificazione. La uso spesso nei ritratti perché il tempo che “perdo” nello scatto lo investo parlando con la persona».
Su quali progetti fotografici stai lavorando?
«Sto attualmente continuando un reportage sull’autismo di nome “PARALLELO” e anche un racconto che parla della vicenda del COVID-19 dal mio punto di vista dal titolo “UN METRO”»
Scopri il video dedicato all’artista