Stephanie Fano è un’artista talentuosa che attraverso le sue opere racconta un mondo interiore fatto di colori ed emozioni.
Ciao Stephanie, raccontaci un po’ chi sei.
«Ciao a tutti! E’ sempre difficile raccontare chi si è, quindi provo ad essere breve. C’è chi mi chiama artista, io credo solo di essere una semplice persona che negli anni ha coltivato una grande passione che è la pittura e il disegno, ho intrapreso questa relazione con l’arte e provo a coltivarla nel mio piccolo. Ho frequentato l’Istituto d’Arte “Giulio Romano” di Mantova con indirizzo architettura e arredamento, ma le basi per la mia arte le ho gettate da sola a suon di esperimenti e tanta curiosità».
Come è stato il tuo percorso fino ad adesso, le tue esperienze e cosa ti ha portato a decidere di intraprendere la strada dell’Arte.
«Io ho iniziato a dipingere per sbaglio, tra il quarto e il quinto anno di scuola. Durante un compito il professore di Discipline Plastiche chiese di realizzare su una tela 30×40 con la tecnica dell’olio, un particolare di un quadro famoso, e io scelsi un particolare di Renoir tratto dalla Colazione dei canottieri. A parte il 5- che presi come voto, era veramente brutto il risultato finale. Però non mi sono arresa, perché nonostante il risultato non mi ero dimenticata come mi aveva fatto sentire prendere in mano un pennello. Avevo smesso di pensare in quel momento e si era creata una bolla intorno a me fatta di pace dove esistevamo solo io e quella teletta. Stavo davvero bene in quella bolla. Quindi non mi sono arresa, volevo provare quella sensazione sempre, ogni volta, e ho sperimentato tanto per trovare un mio stile personale, ho abbandonato i colori ad olio e ho iniziato con gli acrilici, e da lì non mi sono più fermata».
Parlaci meglio della tua tecnica, di cosa prediligi raffigurare e perché.
«Dipingo prevalentemente ad acrilico. Li trovo dei colori dal giusto compromesso in fatto di resa, stesura, tempi di asciugatura e prezzo. Amo da impazzire la carta da pacchi e lo scottex da inserire nelle mie tele per creare delle texture, così come amo molto inserire elementi tessili di recupero che mi vengono donati o tagliuzzare miei vecchi vestiti che non metto più. Faccio un uso smoderato anche del colore oro, dal platino all’oro giallo perché tutto ciò che di più prezioso ho sono i miei quadri e le storie che ci girano attorno, quelle cose che non puoi comprare ma le puoi solo vivere e sentire. Cerco di dare una seconda vita alle cose e creare meno rifiuti possibili. Difficilmente dipingo solo su tela senza aggiungere o rivestire niente. Raffiguro per lo più donne, quasi tutte con gli occhi chiusi, ultimamente sto studiando anche le mani, le trovo cariche di significati e per il momento ho fatto solo un’opera con le mani che poi ho regalato. Ho sempre creduto che i miei quadri, che esprimono concetti molto variegati ma molto profondi, debbano essere sempre guardati prima con gli occhi del cuore. Per questo quasi tutte le donne che dipingo hanno gli occhi chiusi, un’emozione non la puoi guardare, la puoi solo sentire dentro di te e il più delle volte gli occhi chiusi sono anche un momento di raccoglimento con noi stessi per interiorizzare qualcosa, bello o brutto.
Quasi tutti i miei quadri nascono dalla musica di cui io sono una gran appassionata, ci sono molte canzoni che mi ispirano e di solito sono quelle dove il suono di una chitarra mi fa venire i brividi, o il testo ha significati particolari, o la batteria viene suonata fino “all’ultimo sangue”, e creo immagini nella mia testa che poi diventano i soggetti del mio quadro. Da lì unisco un’altra mia grande passione che è la scrittura. Cerco di estrapolare un mio concetto seguendo l’onda della canzone e scrivo tutto, scrivo una storia, scrivo cosa mi fa provare quella canzone in quel momento e poi nasce tutto».
Come definiresti il tuo stile.
«Il mio stile è materico misto, appunto per questa mia grande passione del recupero, dalla carta da pacchi che trovo ottima applicata su tela, al tessuto, ai gioiellini che creo per abbellire le mie ragazze dipinte, allo scottex applicato con la colla vinavil, alle colate di smalto che poi ricopro col colore, faccio uso anche delle malte acriliche per creare ancora più texture».
C’è qualche artista a cui ti ispiri?
«I miei artisti preferiti in assoluto sono Monet e Klimt. Chi ha visto i miei quadri, forse per via del colore oro, di cui Klimt era un grande utilizzatore, mi ha paragonata a lui, ma cerco sempre di non ispirarmi a nessuno. Ogni tanto sfoglio qualche vecchio libro di scuola per capire come abbinare certi colori rubando le idee ai grandi artisti, ma non mi ispiro a nessuno in particolare».
Il tuo messaggio artistico.
«Quello che voglio trasmettere con le mie opere sono le emozioni. Quel fuoco che si sta spegnendo e che vedendo una mia opera, all’improvviso si accende e fa provare qualcosa. Qualsiasi cosa, perché ogni emozione, bella o brutta che sia, vale la pena di essere sempre vissuta ed esternata. Una volta raggiunto questo obiettivo amo sempre dire che quel quadro e quel concetto non sono più miei, ma diventano di chi ha provato qualcosa nel vederlo. Fare nostro qualcosa che prima era di qualcun altro è meraviglioso, vuol dire entrare in contatto con quella persona e toccarle il cuore, anche solo se per poco».
Cosa ti auguri per il futuro.
«lo mi auguro sempre di essere felice. Ho rincorso per tanto tempo la felicità, non sono mai riuscita ad acchiapparla e a tenermela stretta per molto, quindi rincorro la felicità sempre. La rincorro ad ogni nuovo quadro, la rincorro ad ogni nuova esperienza. Mi auguro che la mia arte cresca sempre di più e non solo in termini di dimensioni di tele, ma mi auguro sempre di riuscire ad esprimere al meglio quello che voglio far arrivare alle persone e accendere più cuori possibili, credere ancora che le persone abbiano gentilezza ed empatia e che si possano rivedere in uno dei miei quadri e trovare conforto o una spinta per andare avanti, perché sebbene quasi tutti i miei quadri abbiano un’aura di malinconia, ma sono sempre speranzosi e fiduciosi nel futuro».
Una curiosità prima di lasciarci.
«A maggio 2023 ho subito un intervento importante alla schiena e mi sono liberata di 17 anni di dolore. Ho scoperto e intrapreso un nuovo sport, il Nordic Walking, una camminata sportiva coi bastoncini e a maggio di quest’anno ho intrapreso la mia prima camminata in notturna di 35 km col mio gruppo. E’ stata una bella rivincita che mi sono presa dopo anni in cui facevo fatica a camminare, a sedermi, ad alzarmi, a dormire, a vivere. Da più di un anno ormai finalmente vivo, mi muovo tantissimo a piedi o in bicicletta, un’altra mia grande passione e sono ritornata a fare quello che più amo, passare le mie ore a dipingere senza dolore, camminare per lunghi tratti e fare il secondo lavoro che più mi piace: la cameriera nei week end e durante la settimana di sera dividendomi tra agriturismo e pub.
Finalmente vivo come tutti gli altri e sono davvero felice!».
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