Anna Mancini

L’armonia si ritrova nelle linee dei visi e dei corpi

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Anna Mancini è una disegnatrice e illustratrice che ha da subito capito quale sarebbe stata la sua strada legata all’arte.

Breve presentazione.
«Mi chiamo Anna Mancini e sono nata a Guardiagrele, un piccolo borgo abruzzese da cui poter ammirare mare e montagna. Dopo essermi diplomata all’Istituto Statale D’Arte di Chieti, aver frequentato il DAMS di Bologna e seguito diversi corsi, tra cui uno di fotografia e uno di restauro di mobili antichi, in seguito mi sono trasferita a Roma per diplomarmi in illustrazione alla Scuola Internazionale di Comics col massimo dei voti. Oggi, dopo tanto girovagare e aver vissuto in diverse città per studio e lavoro, sono tornata nel mio paese d’origine e insegno Illustrazione in una delle loro sedi a Pescara».

Come e quando hai deciso di dedicarti all’arte?
«Da piccola sognavo di diventare tante cose, tra cui archeologa o stilista di moda, e passavo il tempo a sognare ad occhi aperti e a disegnare tantissimo. Più tardi, per amore del cinema e della musica, decisi di iscrivermi al DAMS per diventare regista di video musicali, ma col passar del tempo mi accorsi che c’era sempre stata un’unica e inesauribile costanza, che mi aveva seguita fin là , ed era il disegno. Trascorrevo più ore a disegnare che studiare e fu così che decisi di cercare una scuola che mi permettesse di conoscere meglio questo mondo meraviglioso e abbandonai tutto trasferendomi a Roma, senza perdere più tempo. Se ripenso al primo ricordo che ho di me bambina, sono le mie minuscole mani che stringono le matite».

Che tipo di tecnica usi?
«Dopo le matite dell’infanzia, il primo strumento che ho sentito davvero “mio” è stata la penna Bic. Sono stata incantata e rapita dalle sfumature che riuscivo a creare con il suo inchiostro e con lei ho fatto tanta pratica per allenare mano e mente ad entrare in sintonia, a trovare una connessione ed infine un dialogo. Mi ha accompagnata per tanti anni, seguita nelle mie avventure e nei tanti luoghi in cui ho vissuto e da allora non mi ha mai abbandonata. Per tanto tempo le mie illustrazioni sono state in bianco e nero, tranne alcune per cui usavo sempre penne ma colorate. Poi, col passare gli anni ho sentito l’esigenza di provare altre tecniche, di ampliare le mie conoscenze e così ho iniziato a usare l’acquerello, poi l’acrilico, le matite colorate, la tempera e ancora l’inchiostro, ma in modi diversi, usando pennello ed acqua o sperimentando le tecniche del puntinismo e del ghirigori. Mi sono divertita molto e oggi scelgo una di queste tecniche in base all’esigenza, all’illustrazione da realizzare per un determinato tema o progetto».

Definisci il tuo stile con tre aggettivi?

«Evocativo
Versatile
Onirico.
Non ho uno stile definito o definitivo. Mi piace pensare di poter cambiare ancora e ancora. Sono molto curiosa per natura e questo mi ha sempre portato a osservare tantissimo in qualsiasi direzione. Sono “affamata” di immagini; adoro i vecchi film in bianco e nero, visitare vecchi borghi che custodiscono chissà quante leggende, perdermi nelle storie raccontate nei libri, osservare animali e piante… tutto può essere fonte d’ispirazione e accendere la fantasia. Il mio stile è tutto ciò che ne è venuto fuori negli anni, tutti gli stili che hanno accompagnato la mia crescita: dal realistico al lirico, dal fantastico al pop surrealismo. Amo esplorare sempre nuove possibilità espressive e temi, stili, personaggi, tipi di sfumature diversi».

Quale soggetto preferisci raffigurare e perché?
«Il soggetto che amo di più realizzare è la donna, l’essere femminile. Mi piace disegnare l’armonia che ritrovo nelle linee dei visi e dei corpi e indagare in ogni suo aspetto. L’ho disegnata e colorata con tutte le tecniche e in stili differenti. Siamo creature incredibili e seducenti, fragili e fortissime, enigmatiche e candide, limpide come acque cristalline… possiamo essere mille mondi differenti. Quale soggetto può essere più attraente della donna?»

Come nascono le tue opere e che destinazione trovano?
«Nascono dalla mia mente la maggior parte delle volte, immagini che iniziano a delinearsi diventando sempre più concrete fino a farmi sentire l’esigenza di dar loro vita sulla carta. Gli spunti posso trovarli ovunque, un oggetto o un’immagine qualsiasi possono accendere un scintilla e dare inizio al processo creativo. Le mie illustrazioni negli anni hanno trovato modo di farsi ammirare in diverse mostre ed esposizioni, su copertine di CD, tra le pagine di riviste italiane ed estere, su pareti e altri tipi di supporto, come stoffa, legno, pietra e ferro».

Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Sul mio tavolo c’è sempre tanta roba, forse troppa… amo gli oggetti e l’intera casa in cui vivo ne è invasa. Tra questi, nel posto dove lavoro non mancano mai fogli d’ogni tipo, matite a volontà e naturalmente penne Bic».

A quale progetto stai lavorando o vorresti dedicarti?
«Sto lavorando a un paio di progetti personali e vorrei avere il tempo giusto da poter dedicare anche ad altri disegni che sono rinchiusi nei miei blocchi da schizzi da un bel po’»

Qual è il tuo messaggio artistico?
«Più che un messaggio preferisco trasmettere emozioni e sensazioni. Mi piace pensare che le mie illustrazioni possano stimolare fantasia o addirittura evocare ricordi in chi le osserva; se si riesce ad ottenere qualcuna di queste cose la sensazione che si riceve in cambio ha un valore emotivo indescrivibile o inestimabile».

Prima di salutarci, hai qualche curiosità da raccontarci?
«Me ne è venuta in mente una dopo aver letto la vostra domanda, una storia a cui non pensavo da tantissimo tempo. Quando ero una ragazzina alle prime armi, e non vivendo in una grande città, l’unico modo per poter far ammirare i miei disegni e poter comunicare il mio pensiero ad altre persone, era esporre in mostre personali o collettive. In una di queste esposizioni, i miei disegni furono notati da un fotografo che subito mi domandò se volevo collaborare con il suo studio. Io ero al settimo celo! Il mio primo lavoro da disegnatrice! Così accettai. Dovevo eseguire dei ritratti per le spose che lui fotografava nel giorno del loro matrimonio. Mi consegnò la prima foto e ricordo che eseguii il ritratto impegnandomi tantissimo! Quando consegnai il lavoro mi chiese di firmare i ritratti sostituendo il mio nome con un nome d’arte che doveva risultare esotico, facendo credere ai clienti che fossi un’esperta ritrattista di origine orientale residente a Londra e mi chiamavo Jehanne (il cognome non lo ricordo). Io, anche se un po’ sconcertata, accettai. Se ci penso adesso mi sembra assurda e inaccettabile la cosa, ma all’epoca, da ragazzina ingenua e sognatrice, firmai il primo ritratto che, tra l’altro, aveva riscosso un gran successo. Subito dopo però feci una scelta, quella i non rispondere più alle sue chiamate e per anni evitai di passare davanti al suo studio. Non volevo sentirmi complice di questa bugia. Il mio primo lavoro d’artista era sfumato in un batter d’occhio!»

Scopri il video dedicato all’artista

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