Alexia Borrelli in arte Lexyportrait, una disegnatrice illlustratrice che ricerca nel volto delle sue “ragazze” la particolarità di un’espressione.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Alexia Borrelli, ma per gli amici sono Lexy da ormai tanto tempo e per questo anche nei miei lavori mi firmo semplicemente così!
Ho 21 anni, vivo tra Lodi e Milano e non lo dico per sembrare enigmatica, semplicemente il mio percorso scolastico, la mia successiva relazione e le amicizie mi hanno sempre portata a Milano come le varie possibilità lavorative, mentre la mia casa e la mia famiglia mi riportano sempre a Tavazzano, un piccolo paese proprio vicino Lodi».
Quali studi hai fatto?
«Ho letteralmente un percorso scolastico disastrato, anche se poi questo mi ha dato tanto in molti aspetti. Il mio primo triennio l’ho concluso in un CFP a Casalpusterlengo, un paese tra Lodi e Piacenza; qui mi sono qualificata come operatore grafico. Gli ultimi due anni invece ho frequentato il Caterina Da Siena a Milano, dove ho conseguito il diploma professionale come tecnico di stampa e in fine diplomata come tecnico dei servizi pubblicitari. Possiamo dire sia nata come artista, ma ho sempre fatto altro, per paura di non vivere i miei disegni come una passione, ma come dovere».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Anche il mio percorso artistico ha avuto bruschi rallentamenti e frenate, ma anche dai racconti di casa posso dire che ho cominciato prima a disegnare che a parlare! Ho sempre amato trascorrere il mio tempo tra fogli e disegni. Nel tempo mi sono evoluta molto sia nello stile che nelle tecniche, passando anche per il disegno digitale e minimalista.
Negli ultimi anni però mi ero totalmente distaccata da questo mondo, senza nessun vero motivo… ma è successo. Allo stesso modo poi son ritornata tra i miei fogli e le mie matite, la mia passione per il disegno in realtà non mi aveva mai abbandonata, eppure ancora oggi ho ancora un sacco di dubbi sullo sfruttare questa passione o lasciarla solo come tale, credo che sia normale alla mia età».
Come descriveresti il tuo stile grafico?
«Sinceramente non credo che abbia già un vero “stile grafico”, perché il mio modo di disegnare è ancora molto sperimentale e in continua evoluzione. Se devo ricercarne una però, di definizione, mi piace dire che è “il modo sbagliato per utilizzare l’acquerello”, mi piace che sia tutto ben definito e geometrico, ma senza risultare esageratamente statico. Posso dire di ispirarmi molto a Modigliani, se parliamo di influenze, e anche al fumetto… dicendolo mi sembra sempre più strano di quello che possa sembrare»
Come nascono i tuoi personaggi?
«I miei personaggi mi piace chiamarle “le mie ragazze”, escluse le commissioni ritraggo unicamente donne o bambine da sempre. Nascono tutte da un mood, da qualcosa che in quella giornata o periodo mi riguarda, per questo sono molto attaccata a ogni mio foglio, ma anche da passioni un po’ più distanti dal disegno, come la mia ultima serie sul sistema solare o, facendo una piccola anticipazione, quella sui tarocchi che a breve realizzerò».
Quale soggetti preferisci ritrarre e perché?
«Come anticipato, preferisco ritrarre ragazze e donne in primi piani o a mezzo busto, così da riuscire a realizzare ciò che distingue i miei disegni da altri… grandissimi occhi vuoti. Mi ritengo una persona estremamente malinconica, ma quasi a voler romanticizzare questo aspetto, cerco di dare questa nota in tutti i miei disegni, quasi a dipingerlo come qualcosa di bello, interessante. Non ho la pretesa comunque che questo possa davvero essere visto come qualcosa di bello (a riguardo feci una tesina sull’estetica nell’arte e nella grafica), essendo la bellezza soggettiva, ricerco un mio canone di “bello”, altrimenti come spesso accade, quei disegni rimangono in sospeso, o dietro qualche altro disegno che poi vede la luce del sole».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Sicuramente l’acqua! In tutti i modi d’impiego (sono una persona che passando interamente le giornate a disegnare svuota diverse bottiglie).
Scherzi a parte, escludendo gli strumenti e i supporti per realizzare i miei disegni (fogli, matite e pennarello, gomme, acquerelli e pennelli) non possono assolutamente mancare le cuffiette e tutti gli approfondimenti letterari del tema che voglio realizzare. Con la mia serie sul sistema solare ad esempio, ho approfondito tantissimo le mie conoscenze sui pianeti e su come alcuni di questi venissero visti nelle epoche passate».
A quali progetti stai lavorando?
«Ormai la serie citata prima sta giungendo al termine, quindi possiamo dirla conclusa. Come anticipato però, sto preparando una serie sui tarocchi: segni zodiacali, mesi e stagioni direi di averli visti interpretati in ogni salsa, un progetto sui tarocchi unicamente al femminile lo trovo più complesso, ma anche più articolato e divertente da realizzare.
Per il futuro sto valutando invece di proporre (ahimè arrivata dopo un altro artista ammetto) una miniserie sui peccati capitali. Ma nel mezzo di questi temi, non voglio lasciare indietro ciò che mi ha fatto riprendere questo mio percorso e cioè la mia vita, le mie sensazioni, quello che mi passa per la testa».
Qual è il tuo messaggio artistico?
«Non ho la presunzione di avere un effettivo messaggio artistico, ma quel che accomuna tutti i miei disegni è la passione… passione nel farli, passione in ciò che ritraggo.
Creo personaggi unici per ogni situazione e non riuscirei a ricreare la stessa “persona” nei vari scenari differenti. Possono assomigliarsi alle volte, ma mi piace pensare che ognuna delle “mie ragazze” sia un’emozione, un particolare, un secondo… sia unica. Per questo ricerco la particolarità e non solo la bellezza stereotipata, questa mi annoia».
Qualche piccola curiosità?
«A dire il vero, nonostante per questi 21 anni sia sempre stata circondata dall’arte (con il disegno, la danza, la fotografia, la passione per il cinema, la scrittura e praticamente ogni disciplina artistica), ho sempre avuto molta paura di continuare, come se qualcosa in effetti mi dicesse “non andare oltre col disegno, col disegno non ci campi” e purtroppo qui in Italia è una realtà.
Devo sinceramente ringraziare le persone che ho affianco ad avermi sempre supportata, proprio a partire da mia madre che fin da bambina ha sempre assecondato questa mia passione, e finanziata in una maniera non indifferente in tutto il mio percorso; ma non solo. Ho avuto la fortuna di incontrare e avere affianco una persona che mi ha sempre spronato a continuare (e dare gloria anche a quei disegni che nessuno eccetto noi due ha mai visto), a non mollare le mie passioni e soprattutto non lasciare i miei disegni appesi al muro della camera; questa persona, è la mia ragazza, Ilaria. Non entro nei meriti della sfera privata, ma sicuramente senza di lei non saremmo quì a parlare dei miei disegni, meglio ancora non ci sarebbero disegni di cui parlare. Senza minor importanza, devo un grande grazie anche a due dei miei più cari amici Mario e Jonathan, che ancora prima del mio ritorno al disegno tradizionale, appoggiavano i miei lavori grafici».
Qualche consiglio?
«Mi è capitato alle volte di rispondere a ragazzi più giovani di me a domande riguardo il disegno, su come migliorarsi o come imparare a disegnare. Ero più giovane anche io e consigliavo certamente la pratica, ma a distanza di tempo vorrei aggiungere una cosa: saper disegnare non significa fare disegni realistici, sdoganiamo questo mito. È importantissimo conoscere l’anatomia nei ritratti di persone, o la costruzione degli elementi e tanto di cappello a chi è un portento nel disegno realistico, ma non c’è solo quello. Esistono tanti stili e modi per disegnare e nemmeno quelli saranno i “traguardi” di un artista, il mio consiglio più spassionato resta quindi di sperimentare, imparare e infrangere le regole che lo stile impone».
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