Vanessa Mancini, disegnatrice, pittrice e illustratrice specializzata nel restauro e nella pittura d’affreschi.
Breve presentazione.
«Ciao! Sono Vanessa Mancini, nasco ad Empoli (FI) nel 1979, vivo e lavoro a Peccioli in provincia di Pisa. Mi sono diplomata al Liceo Artistico a Firenze, successivamente mi sono specializzata nel restauro e nella pittura degli affreschi. Ma a un certo punto nasce in me l’esigenza di creare opere proprie e inizio così a farmi strada tra mostre personali, collettive e in varie fiere importanti in tutta Italia e all’estero, lavorando anche su commissione».
Quando hai capito che l’arte era la tua strada?
«In fin dei conti credo di averlo sempre saputo. Da piccola, non sono mai stata una grande chiacchierona, ed esternavo i miei stati d’animo disegnando ovunque (per la gioia dei miei) unicorni colorati. Ancora ricordo, quando mi veniva chiesto cosa volessi fare da grande, la mia risposta era, anticipata da un sorriso fiero ed orgoglioso: l’artista.
Ancora non sapevo, che strada tortuosa e difficile sarebbe stata. Molto tempo dopo grazie alla mia passione per la storia dell’arte, mi sono innamorata del Bernini, di Michelangelo, de Il Canova e del grande maestro Leonardo da Vinci.
I loro lavori, i loro magnifici morbidi chiaro scuri così perfetti mi hanno aiutata a crescere, lavorando ore ed ore, perfezionando tecniche come la grafite, i pastelli e la pittura ad olio.
Ho iniziato così la specializzazione nel restauro e nella pittura degli affreschi.
Un percorso magnifico che mi ha portato non solo un bagaglio di esperienza lavorativa (tutt’ora in corso), ma anche un enorme bagaglio culturale.
Poi all’età di 18 anni, ho scoperto un maestro, un mentore, Saturno Buttò.
I suoi dipinti, così oscuri, ma così pieni di sensualità, il suo sacro e profano, il suo modo di utilizzare la pittura ad olio, mi hanno fatto capire che io potevo, volevo, dovevo fare l’artista nonostante la strada lunga, difficile e piena di porte chiuse in faccia, quello sarebbe diventato il mio lavoro. Ho continuato a perfezionare le mie tecniche, a studiare, ho aspettato e non ho mai mollato».
Che tipo di opere realizzi?
«Tutta la mia produzione affonda le radici nel disegno e nella capacità di cogliere attraverso la pittura ad olio, l’acrilico, l’inchiostro, il carboncino o i pastelli, i fugaci attimi che rispecchiano il mondo che porto dentro di me. Usando tre colori fondamentali: il rosso sangue, il nero corvino e il bianco osseo. Quindi sono sempre in una fase continua di sperimentazione.
La pittura ad olio, specie quella all’uovo è un po’ come il corteggiamento, lenta e paziente. I pastelli e la grafite mi permettono di fare dei chiaroscuri morbidissimi, mentre la china è semplicemente il mezzo più potente che ho per comunicare tutto ciò che ho dentro. Le mie opere si possono racchiudere in uno stile chiamato “Dark art” pieno di atmosfere cupe, sofferenti e malinconiche che ricordano le storie di Edgar Allan Poe».
L’hai detto anche tu prima, il tuo è uno stile dark, che tipo di soggetti realizzi?
«Ho scelto questo stile perché mi permette anche di mostrare quello che la mia anima ha assorbito nel corso del tempo, a rappresentare i miei stati d’animo, le mie fragilità, le mie emozioni e i miei demoni. I personaggi che dipingo sono immersi in atmosfere oscure e sono interpreti di un mondo che a volte sembra crudele e nel quale piacere e dolore sembrano prevalere. Il “Dark” diventa lo strumento per parlare di tematiche articolate come la violenza sulle donne, la depressione, la solitudine, il dolore e l’amore. Sono conscia che i miei lavori richiedono la disponibilità ad un’osservazione profonda e priva di pregiudizi. So che è uno stile difficile da comprendere soprattutto in Italia, sono poche le persone che riconoscono l’impegno, lo studio e le ore di lavoro che si nascondono dietro a un’opera dark che per altri potrebbe facilmente essere etichettata come “blasfema”. Per questo lavoro molto, con mia amarezza, per l’estero».
Come prendono vita le tue opere?
«A volte da semplici idee, spuntate fuori da appunti che prendo durante la giornata, da foto fatte in giro dove catturo particolari interessanti, da studi maniacali e meticolosi tipo l’anatomia umana e animale,da libri di testo dove cerco confronto sulle nozioni che mi interessano, a volte e sono quelle più belle arrivano le idee di “pancia” quelle dove inizi la bozza quasi perfetta e la concludi senza quasi mai fermarti».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Oddio!!! Sul mio tavolo da lavoro regna sovrano il caos!
Blocchi da disegno, libri da cui traggo ispirazione, CD di musica rock, mille tazze di caffè e il mio insostituibile gattone con le sue fusa. Ma ci sono due cose che non devono mai mancare: le mie matite con le quali butto giù le prime bozze e i miei pennini con cui inchiostro. Ne ho molti e con diverse forme, realizzati da un bravissimo artigiano, in titanio, legno e osso. Sono magia pura per me. Ogni volta che li uso ho la consapevolezza che sto iniziando una nuova storia… e sorrido».
Stai lavorando a qualche progetto in particolare?
«In realtà molti… ho la mente più veloce delle mani e spesso capita che mentre sono dietro a un lavoro sto già pensando a molti altri progetti futuri da realizzare. Sicuramente voglio continuare con la mia “Obscura” Collection.
Iniziata con Cornelius, uno di quei lavori di pancia per me importantissimo. Con questa collezione interamente a china ho saputo trasformare il dolore che ho dentro di me in un progetto unico. E ci saranno molte novità che la riguardano, da stampe a tiratura limitata al merchandising legato a qualche pezzo. Proseguirò anche con “Lacrimosa”, un progetto con pittura ad olio, che ha molto più rosso (colore che qui assume vita) molta più intensità, morbidezza e impatto visivo. Infine ho un progetto molto complesso in cantiere da anni. Vorrei parlare della fragilità e della forza delle donne. Attraverso la sensualità e l’erotismo senza cadere nella volgarità.
Ho già delle modelle che si presteranno a questo mio progetto, nessun fisico patinato e perfetto… tutt’altro. Io cerco l’imperfezione di una smagliatura, di una cicatrice, di una maternità che per me risultano perfette. E sarà un progetto che vedrà anche me stessa nei panni di modella e artista, chissà magari potrebbe saltare fuori una bella mostra personale futura».
Una curiosità prima di salutarci.
«Fin da ragazzina ho avuto la passione per tutta la cultura custom (moto e auto) e questo non solo mi ha portato ad acquistare la mia prima Harley a 24 anni, ma anche a personalizzare caschi e serbatoi su commissione e a illustrare moto e auto anni ’30/’50 per le quali ho una passione sfrenata, portando avanti dei progetti lavorativi paralleli sui quali non avrei mai scommesso. Quindi posso confermare che l’arte è tutta la mia vita»
Scopri il video dedicato all’artista