Sara Antonellini, una disegnatrice e fumettista ambiziosa e determinata nel suo lavoro artistico.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Sara Antonellini, per gli amici Saretta, per chi mi vede in fiera “quella tutta rossa”. Sono nata esattamente il giorno di Natale del 1991, e da allora non mi sono allontanata da Torino e provincia, dove ho potuto frequentare l’Istituto Professionale Superiore Grafico Pubblicitario “Albe Steiner” e in seguito ho seguito tre corsi alla Scuola Internazionale di Comics, ovvero fumetto, sceneggiatura e colorazione digitale. Nel 2011 ho creato insieme ad altri folli compagni d’avventura il collettivo di fumetti autoprodotti Potpourri Comics
(https://www.facebook.com/PotpourriComics), che ora può vantarsi di essere un’associazione culturale, di cui io posso vantarmi di esserne la Presidentessa! Ci siamo prefissati di creare fumetti che non fossero riconducibili ad un solo genere, e che anzi, avessero sempre una tridimensionalità narrativa e quel “qualcosa in più” da lasciare nel cuore del lettore».
Come e quando hai deciso di dedicarti all’arte?
«Non ho mai deciso di dedicarmi all’arte, è sempre stata parte di me, ancora prima di imparare a parlare disegnavo, e focalizzandomi di più sul disegno capisco perché la mia parlantina non sia mai stata eccelsa. Possiamo comunque dire che quando mi è stato chiesto quale liceo frequentare, avevo già deciso cosa avrei voluto perseguire nella mia vita, il disegno e il fumetto, e per fortuna i miei genitori mi hanno sempre supportata e io non ho mai mollato».
Come descriveresti il tuo stile?
«Queste sono domande complicate! Non conosco molti artisti che sanno descriversi e io rientro fra questi, ma posso citare i commenti di chi mi segue a cui spesso faccio questa domanda, e direi che posso definire il mio stile “morbido” e “colmo di emozioni”, e sono felice che sia questo che traspare maggiormente dai miei disegni, perché sono elementi a cui mi dedico con tutto il cuore. Aggiungo che Alessandro Barbucci è da sempre tra i miei autori di riferimento, insieme a Juanjo Guarnido e Stefano Turconi, chissà che magari non si noti qualcosa di loro nelle mie opere».
Come nascono i tuoi personaggi?
«Direi cafonamente “A caso!” anche perché più che pensare ad un personaggio io penso piuttosto all’emozione che voglio raccontare, e il personaggio nasce di conseguenza, quasi come se scivolasse fuori da un rotolo di pensieri. Spesso nascono da un’esigenza di raccontare uno stato emotivo, un pensiero, una situazione, e man mano che il pensiero si concretizza prende forma anche il personaggio che lo trasmetterà… avete presente le trasformazioni delle maghette di un qualsiasi manga/anime Majokko, tipo Mew Mew o Sailor Moon? Ecco, così, parto dalla silhouette luminosa e man mano, tra uno sberluccichio e l’altro, il personaggio prende forma!».
Che destinazione trovano le tue opere?
«Per fortuna le tavole finiscono nei fumetti, i quali finiscono sui banchi in fiera dove spero che le persone che mi seguono online le trovino e mi supportino acquistando il frutto del mio lavoro, mentre le illustrazioni sono prettamente sui social, che fungono più da vetrina! E ultimamente con la pandemia di mezzo è stata la parte più grossa su cui ho lavorato, perché dal lato fiere e fumetti ci si è un pochino arenati per forza di cose, ma siamo pronti a ripartire, e sinceramente non vedo l’ora!».
Tu sei anche sulla piattaforma Patreon, di che si tratta?
«Io sono una principiante di Patreon, ma in breve è una piattaforma dove puoi creare contenuti più o meno esclusivi per chi ti segue, i Patron, che decidono di sostenerti con contributi mensili. Nel mio caso ho due “tier” disponibili, uno da 2€ al mese e uno da 5€; ovviamente il “tier” più costoso ha contenuti più ricchi, infatti solo i miei Patron da 5€, “My Divine Lasagnas”, possono vedere gli step by step dei miei disegni e i video di tutto il processo di disegno delle mie fanart Disney, per esempio, partendo proprio da zero!».
Quale personaggio di fantasia avresti voluto inventare?
«Più che uno specifico personaggio, direi proprio la serie W.I.T.C.H. (co-creata appunto da Alessandro Barbucci), perché ha tutti gli elementi che amo e mi ha formata completamente come autrice, e vorrei arrogarmi il diritto di dire che avrei cercato di farla concludere/proseguire meglio di come è invece stata (facile dirlo col senno di poi, eh?!). Anche se da un punto di vista di “viaggi nel tempo” se la creassi io non ne sarei mai stata influenzata, e così creerei un paradosso temporale!».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Parenti, amici e medici direbbero una bottiglia d’acqua, bevo sempre troppo poco. Battute a parte, non ho davvero un elemento “necessario” escluse le ovvietà, ma potrei dire che se non potessi ascoltare film/serie tv mentre lavoro sarei molto meno ispirata».
Qual è il tuo messaggio artistico?
«Il disegno, in ogni sua forma, è veicolo di emozioni. E come tale io desidero che i miei disegni, che siano vignette, illustrazioni, scarabocchi, avvolgano chi le guarda e li faccia immergere in quell’emozione, così da poterla provare e comprendere; perciò spero che ogni artista sia cosciente di quale potere ha tra le mani e che i fruitori riconoscano quanto l’arte avvolge ogni cosa nel nostro mondo, elevandolo».
Per concludere… hai una curiosità da raccontarci?
«Non so se è una curiosità, ma uno dei miei sogni nel cassetto è quello di insegnare in una scuola di fumetto, perché unirebbe due delle mie più grandi aspirazioni: il disegno e l’insegnamento. Senza contare che l’idea di poter lasciare una mia piccola impronta nelle prossime generazioni di artisti mi riempirebbe di gioia e orgoglio!».
Scopri il video dedicato all’artista