Giuseppe Gradella è un fotografo principalmente ritrattista che ha trovato nel mezzo fotografico la sua strada. In questa intervista ci parla dei suoi scatti e del suo messaggio artistico.
Quali studi hai fatto?
«Mi sono laureato presso la Facoltà di Architettura Biagio Rossetti di Ferrara in Progettazione Architettonica».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Faccio una piccola premessa, il mio percorso è stato una repentina corsa che mi ha portato fino ad oggi a rispondere alla vostra intervista, questo è l’ultimissimo passo fatto in questi 5 anni, in cui la mia vita professionale è cambiata radicalmente. La mia formazione artistica deriva essenzialmente dagli studi scolastici e dalla frequentazione di artisti, ho sempre amato la storia dell’arte, ho avuto la fortuna di poter seguire corsi di arte contemporanea e fotografia all’università, ma già dalle scuole superiori, grazie a un fantastico insegnante, ho imparato ad amarla profondamente, tutt’ora ne sono affascinato ed influenzato. Come fotografo sono e rimango un architetto, non rinnego assolutamente il mio percorso professionale, tutto è servito a formarmi e a portarmi fino a qui, sempre alla nostra intervista. Gli studi di architettura e prima quelli del liceo Scientifico, mi hanno permesso di mantenere sempre una certa apertura mentale e curiosità verso il bello, la mia forma mentis rimane comunque quella dell’architetto, anche nei ritratti cerco una composizione di forme, pieni e vuoti, non posso farci nulla, fa parte di me e ne sono contento».
Guardando il tuo profilo si percepisce che il soggetto che preferisci immortalare sono le donne… c’è un motivo particolare?
«In molti mi chiedono perché prediliga i soggetti femminili per quel che riguarda la mia produzione artistica, in molti mi dicono che sono fortunato ad avere certi soggetti, io posso dire che non esiste un motivo particolare, certe figure richiamano in me determinate sensazioni e proiezioni, io lavoro per stratificazioni di ricordi, sono sempre stato una persona timida, sin da bambino, amavo giocare con gli amici ma allo stesso tempo ritagliarmi spazi privati di piacevole solitudine in cui poter disegnare e un po’ sognare, i sogni mi accompagnano da sempre, con gli anni ho cominciato a confonderli con i ricordi, in fondo lo sono, i sogni accadono come i fatti della vita, nei miei ritratti cerco di far tornare a galla in una sorta di apnea costante questo mondo che sta appena al di là di superfici più o meno trasparenti e riflettenti».
Per i tuoi scatti usi diverse tecniche, ce ne parli?
«Ho realizzato recentemente un video in cui raccontiamo in modo molto chiaro il modo in cui realizzo i miei ritratti in luce naturale nel mio studio, vi allego il link: https://www.fumogallery.com/artist/giuseppe-gradella/
Fondamentalmente cerco di togliere il più possibile, questo per poter dialogare con ciò che conta. Quando ci troviamo di fronte a un viso, abbiamo poco con cui proteggerci dall’impossibilità di trasmettere qualcosa che vada oltre la mera rappresentazione di un viso umano, per grazioso che sia, l’utilizzo di diaframmi traslucidi e le condizioni di luce in studio non permettono quasi mai ai soggetti di vedermi mentre li fotografo, il contatto avviene principalmente attraverso poche parole, la comunicazione avviene tramite il suono, lavorando quasi sempre in penombra anche io ho una percezione difficoltosa del soggetto ritratto, quel che ne esce è davvero luce strappata alle tenebre, mi piace pensarlo, almeno».
Tra le tue esperienze professionali ce n’è qualcuna che ti ha dato particolare soddisfazione?
«Non voglio generalizzare, ma io sto bene quando fotografo, soprattutto se nelle foto che realizzo c’è una presenza umana. Realizzo differenti tipologie di lavori professionali, ma dall’architettura al ritratto editoriale trovo sempre qualcosa che mi appassiona, la fotografia, posso dirlo con certezza, mi ha un po’ salvato la vita, io le sono debitore. Anche adesso mentre scrivo sto pensando a qualcosa che la riguarda, a qualcosa che vorrei dire attraverso lei. Dimenticavo, una cosa che mi dà tantissima soddisfazione è vedere le mie foto vendute dall’Australia al Messico al Canada: io viaggio pochissimo, ma alcune di loro “vivono” in posti davvero bellissimi!».
Quali progetti hai per il futuro?
«Attualmente sto portando avanti i ritratti della mia serie “Italian Renaissance”, ultimamente mi piacciono i colori, poi sto realizzando diversi lavori professionali che hanno come soggetto il ritratto anche per campagne pubblicitarie che trattano di tematiche sociali e di questo sono molto fiero! Sicuramente mi piacerebbe tanto lavorare col cinema, magari nella prossima intervista ve ne parlerò!»
Qualche curiosità?
«Ho iniziato realmente a fotografare un giorno in cui ho fotografato una ragazza di schiena vicino a una finestra, quasi per gioco, da allora è cambiato tutto, vorrei che la fotografia mi accompagnasse ancora a lungo, per me è una compagna e un’amante perfetta».
A chi si avvicina alla fotografia che suggerimento daresti?
«Se posso dare un consiglio ai ragazzi che decidono di diventare fotografi, in tanti mi chiedono come o cosa fare, dico di non rinchiudersi in sterili recinti in cui sentirsi a proprio agio, comunicare le cose che si fanno è fondamentale, tanto quanto curare il proprio lavoro e il proprio modo di lavorare. Serve tantissimo sacrificio e voglia di fare, lo dice uno che ha deciso di diventare fotografo professionista a 41 anni, con due figli e nessuna prospettiva certa».
Scopri il video dedicato all’artista