Giuseppe D’Angelo, un artista e scultore siciliano riconosciuto a livello internazionale e dallo stile dovizioso ed essenziale allo stesso tempo.
Breve presentazione.
«Il “figurare” è alla base del mio percorso stilistico, sono uno scultore Palermitano classe 1979 vivo e lavoro tra Padova e Venezia. Sono Docente di tecniche della scultura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dopo la maturità artistica mi sono iscritto All’accademia di Belle Arti di Palermo dove ho affrontato un percorso di studi rigido dedicato alla scultura classica. Nel 2002 ho deciso di frequentare un anno di studi in scultura in ferro e marmo presso Facultad de Bellas Artes De San Carlos di Valencia Spagna, al ritorno nel 2003 ho ottenuto diploma in scultura. Nel 2006 ho conseguito biennio specialistico abilitante in discipline plastiche. Ho affrontato un percorso estremamente variegato, giungo a una voluta ridondanza della forma esaltata nella sua plasticità dalla ricchezza materica della superficie e dai contenuti simbolici che questa nella sua complessità veicola. La dovizia della parte frontale si contrappone, creando un ardito paradosso, all’estrema sintesi offerta dal lato posteriore caratterizzato da una forma vuota, scavata, tormentata, protesa verso una prospettiva intimista ed esistenzialista dove la luce e l’ombra entrano in un interessante rapporto conflittuale. L’acquisizione delle tecniche, lo studio e l’approfondimento della storia dell’arte, mi portano alla scoperta di un linguaggio espressivo diretto, che mi consente di dar voce alla mia individualità caratterizzata dall’operosità e dall’amore per il fare. Ho iniziato sin da giovane la mia attività artistica partecipando a numerose mostre e collaborazioni, tra le tante quella con l’artista Vanessa Beecroft di New York e con la regista pittrice Mitra Farahani di Londra. Le mie opere sono state esposte in Italia, Germania, Cina, Spagna, Francia, Portogallo, Principato di Monaco».
Quando e come hai deciso di diventare un artista?
«Mi definisco un creativo al servizio dell’arte, la mia non è stata una vera e propria decisione ma è stata una chiamata verso un mondo che possedevo già dentro, un percorso evolutivo scandito e schiarito con lo scorrere del tempo. Da piccolo la mia predisposizione nel disegno diventata ossessione mi ha portato a scegliere una scuola d’arte dove ho appreso disciplina e tecnica. Terminato il liceo ho capito che la creatività e l’arte doveva diventare la mia vita e il mio lavoro».
Cosa vuol dire essere uno scultore, oggi?
«Esprimere in forme plastiche i propri pensieri, rendere tangibile i sentimenti mettendosi continuamente alla prova. Oggi fare lo scultore in un periodo dove tutti pur non avendo competenze si sentono artisti è una continua sfida fatta di sacrifici, fatica, forza e passione».
Le tue opere sono l’espressione di un linguaggio, osservando alcune di queste si notano notevoli differenze tra loro… ce ne parli?
«Alla base del mio lavoro ci sta la figurazione come presenza presente in uno spazio, tutte le mie opere sono portatrici di un linguaggio espressivo ben chiaro, una poetica pensata e studiata. Percorro un lavoro meditativo di pensiero, disegno e realizzazione, lavoro non immediato come la pittura e per far questo ho bisogno di stimolare i miei pensieri con la lettura. L’arte è conoscenza, è la forma interiore del conoscere che è molto diversa dalla forma logica. Ogni opera ha un suo perché, un suo significato che nasce dal pensiero come “Il seme mette radici, la linea dapprima si dirige verso la terra, non per viverci ma per ritrarne energie onde emergere al regno della luce” Paul Klee».
Con quali materiali lavori principalmente?
«Credo che ogni scultore abbia un materiale che sente affine alle proprie opere, io sono attratto dalle pietre dure e dai marmi, ritengo che questo materiale sia carico di energia e il mio compito è di riuscire a sviluppare in forma queste forze. Marmi distrutti e poi ricomposti al pari di un mosaico, pietre assemblate che danno vita a un volto a un’entità dove l’energia è libera di spaziare. La pietra negli anni ha misteriosamente influenzato il comportamento umano, basti ricordare la legge ricevuta da Mosè sul monte Sinai, dove l’iscrizione tracciata dal dito divino su una pietra di zaffiro, lo smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero, la pietra nera al centro della grande moschea della Mecca di profonda devozione della religione islamica, gli sciamani che operavano sortilegi. Concludo con una frase di Hettie- Henriette Vèdrine “Prima che l’uomo fosse, la pietra era”».
Come può un’artista raccontare quello che succede e soprattutto oggi che stiamo affrontando una terribile emergenza sanitaria?
«Non vi nascondo che questo periodo ha un po’ influenzato la mia ricerca e la mia espressione artistica mi sono sentito di sviluppare lavori inerenti alla situazione attuale opere come: “I N R I o I R I”,“italia Rip” e “Suca no fuoco”. Nell’opera “I N R I o I R I”, un marmo Emperador distrutto che rappresenta l’Italia ma allo stesso tempo crea una croce che rappresenta Dio morto e poi risorto. In alto si nota la scritta INRI dove la N cade e rimane evidente la parole IRI che rappresentava fino al 2002 un ente pubblico con funzioni di politica industriale acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale. Dalla crisi si rinasce, dalle macerie si ricostruisce, IRI o INRI speriamo passi presto questo momento difficile. L’opera “Italia Rip” può essere interpretata in diversi modi. L’Italia che sta vivendo un momento di crisi è rappresentata da un marmo distrutto con delle lettere che cercano di ricucire le crepe e le ferite. “Italia Rip” come “RIPosa” in pace oppure “Italia Rip” come “RIPartenza” lascio a voi l’interpretazione e la libera scelta. L’opera “Suca no fuoco”, ma sono tante le parole che riuscite a trovare all’interno della composizione che è stata creata perché ritengo che tutto questo sia una guerra economica e non voglio che lo sia, per questo in evidenza la parola SUCA, termine Siciliano che nel corso della storia ha cambiato etimologia del termine assumendo diversi significati in base al contesto».
Quali progetti hai in cantiere per il futuro?
«Sto lavorando a nuove sculture anche di grandi dimensioni accompagnate da lavori di stampe grafiche per una mostra al momento rinviata che si terrà a Montecarlo organizzata da Gianluca Gaudio».
Quale consiglio ti senti di dare ai giovani che vogliono entrare e lavorare nel mondo dell’Arte?
«Il consiglio che posso dare ai giovani che intendono intraprendere questo percorso è studiare tanto per differenziarsi dagli altri. Oggi viviamo in mondo frenetico e veloce dove basta avere un profilo instagram per essere un’artista. Per distinguerti dalla massa serve studio, ricerca, innovazione e sperimentazione tutto ciò si ottiene con sacrifici. Bisogna essere come una spugna assorbire più acqua possibile “l’acqua del sapere”. Portare avanti il vostro obiettivo, essere determinati e mai arrendersi alle prime difficoltà che incontrerete nel vostro percorso, i no e le delusioni non vi nascondo che saranno tanti, ma la tenacia a lungo sarà ripagata. Non rinnegare il passato ma guardalo con chiave moderna. Arrivare all’obiettivo attraverso le nuove tecnologie (stampanti 3D) è facile, ma utilizzarle come supporto ha un valore diverso dalla macchina crea oggetti, noi dobbiamo creare emozioni».
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