Giulia Valentina Poggio è un’illustratrice, disegnatrice e autrice di libri per l’infanzia. Le abbiamo chiesto di parlarci del suo lavoro.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Giulia Valentina Poggio, sono una visual artist, autrice e illustratrice di libri per l’infanzia e non solo. Sono nata nella provincia di Venezia ma da qualche anno vivo a Padova. Tutta la mia vita scolastica e accademica si è svolta a Venezia a partire dal Liceo Artistico (indirizzo Pittura e decorazione pittorica), laurea in Arti Visive presso lo IUAV e magistrale a Cà Foscari in Informatica Umanistica. Ho frequentato alcuni corsi presso la Scuola Internazionale di Illustrazione a Sarmede e, inoltre, presso la Fondazione Benetton a Treviso».
Come e quando hai deciso di dedicarti all’arte?
«Da piccola ho sempre avuto la passione per i colori, la cosa che preferivo fare a scuola era la lezione di arte dove potevamo sbizzarrirci con tempere e pennelli. Ho sempre avuto grande libertà di poter sfogare la mia fantasia e quando potevo disegnavo su qualsiasi supporto avevo sottomano, inventavo mondi e storie. Crescendo e imparando, soprattutto, ho iniziato a dare un metodo: non disegnavo più nel caos dell’istinto, ma controllavo tratto e colore. La scuola sicuramente ha fatto molto e dopo tanti tira e molla (un po’ il non sentirsi all’altezza, un po’ la paura che fa questo settore) mi ci sono buttata, imparando che fare arte non è solo il quadro dipinto ma al giorno d’oggi è un mondo molto più vasto dove si può spaziare; dove un artista può dedicarsi a più settori senza necessariamente perdere la propria identità o il proprio stile».
A proposito di stile, come definiresti il tuo?
«La mia estetica è sicuramente la semplicità, composta da linee, forme allungate, pochi colori, sfondi e volumi piatti o addirittura inesistenti e immagini molto semplici. Mi piace sperimentare, usare tecniche artistiche diverse e spesso unire varie tecniche e materiali tra loro. I miei lavori si potrebbero definire sospesi nel tempo, fermi in un attimo, dove creo piccoli spazi intimi. Direi che potrei rientrare nello stile naïf, visto il mio modo di rappresentare i soggetti in chiave favolistica, poetica o magica, una sorta di stile onirico. Lavoro molto, inoltre, col concetto di bellezza: la bellezza della natura (soggetto al quale sono sempre molto legata) ma non soffermandomi solamente al bello, volendo soprattutto esplorare la bellezza della bontà, spesso invisibile se non negli occhi di chi guarda».
Tu sei disegnatrice e illustratrice, che destinazione trovano le tue opere e come nascono?
«Le mie opere nascono dalla necessità di esprimere me stessa, spesso da qualcosa che ho vissuto, visitato o letto (sono un’appassionata lettrice) e che mi ha colpito, mi ha fatto ragionare o interpretare immagini e concetti. Altre volte è la sperimentazione di qualche tecnica artistica che mi porta a voler rappresentare un determinato soggetto o mondo immaginario che ho in testa; non tutto riesce al primo risultato e quindi il procedimento a volte mi conduce verso percorsi inaspettati. Lavoro nell’editoria come illustratrice di libri, inoltre, i miei lavori trovano spazio per biglietti, cartoline, quadretti vari e quant’altro anche su commissione. Le mie illustrazioni si possono, inoltre, trovare su capi di abbigliamento come ad esempio T-shirt e sciarpe, borse e accessori per la persona e la casa. Infine, le mie opere hanno partecipato a mostre, call per artisti, collettive e ambiti più formali a volte anche con un risvolto sociale».
Nei tuoi lavori come ci hai detto ci sono anche libri per l’infanzia, ci racconti di più?
«Essendo un’appassionata lettrice fin da piccola il mondo dei libri per l’infanzia mi ha sempre entusiasmato. L’albo illustrato è una piccola opera d’arte che si sfoglia, si legge e si guarda ma soprattutto si interpreta e, nella mia libreria, mi piace prendere e sfogliare questi libri poiché ogni volta riscopro qualcosa di diverso. Lavoro sia come autrice e illustratrice, dove il procedimento di composizione del libro è totalmente autonomo: a volte parto da un testo, altre da delle immagini che avevo già disegnato e che mi hanno fatto venire in mente una storia dove a volte poi inserisco anche un testo o solo delle parole qua e là. Per altri libri, invece, sono solo autrice e qui il processo creativo parte dal mio testo scritto ma avviene in comunione con un’altra persona che creerà poi le immagini».
C’è un soggetto che preferisci raffigurare?
«Sicuramente la natura è un soggetto a me caro e che amo raffigurare. Da sempre ho un interesse per questo mondo, la campagna o i parchi verdi piuttosto che la città e i suoi palazzi, il mare o i corsi d’acqua e gli animali soprattutto, fin da piccola. Mi piace rappresentare la bellezza di fiori e piante o le caratteristiche di animali sempre comunque legati ad elementi naturali. Mi piace esprimere la loro forza e allo stesso tempo la delicatezza in alcuni loro tratti, che sia un fiore, una foglia, una gazza o un gatto. Sono incuriosita dal loro legame intrinseco con la terra e il cielo, con un mondo esterno che da umani spesso non cogliamo fino in fondo».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Pur non usando poi nella realizzazione molti colori tutti insieme, sul mio tavolo da lavoro non devono mancare inchiostri e pastelli colorati poiché ho bisogno di avere una visuale d’insieme per decidere poi cosa sceglierò e gli abbinamenti che accosterò. Inchiostri nero e blu, grafite, carta di tutti i tipi, le mie mappe mentali e appunti vari. Ultimamente, anche il mio gatto Pepe che si è ritagliato un angolino e dorme acciambellato».
A quale progetto stai lavorando o vorresti dedicarti?
«A fine ottobre ho inaugurato la mostra personale “Resilienza” negli spazi espositivi di La mia villa in bistrò – La casa dell’artista sulla Riviera del Brenta in provincia di Venezia (tutt’ora visitabile). A breve un mio albo illustrato, dove ho lavorato come autrice, dovrebbe andare in stampa con la casa editrice indipendente Arpeggio Libero, inoltre, sto lavorando a un libro su Venezia e collaboro ad un progetto di storie illustrate con l’Associazione Dingo di Venezia, per sovvenzionare il loro operato in protezione di animali randagi. Vorrei realizzare un silent book di una storia che da un po’ mi gironzola nella testa. Un sogno nel cassetto sarebbe progettare la decorazione della facciata di un qualche edificio, un po’ come gli incarichi che ci davano al liceo durante la lezione di decorazione pittorica».
Prima di salutarci, hai qualche curiosità da raccontarci?
«Poco prima di iniziare il Liceo Artistico non avevo le idee molto chiare e così mi piaceva l’idea di diventare scultrice. Avevo preso l’ispirazione dalla scultura “Teodelapio” di Alexander Calder che si trova a Spoleto, la particolarità della scultura (oltre al fatto che è alta 18 metri e larga 14) è che funge da rotatoria. Così avevo iniziato a prestare attenzione a tutte le varie sculture che si trovano spesso nelle rotatorie delle città o anche nelle strade fuori dal centro; cosa che tutt’ora continuo a fare. La delusione però arrivò quando iniziai a fare il liceo e durante le lezioni di scultura scoprii di non avere una grande sintonia con la terza dimensione e le materie plastiche, per cui cambiai velocemente rotta e decisi per la pittura e il disegno».
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