Gino Vercelli, fumettista di professione ha deciso durante il primo lockdown di trovare una nuova forma di espressione e l’ha trovata con la pittura astratta.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Gino (Luigi) Vercelli e sono nato cinquantanove anni fa a Mombercelli, in provincia di Asti».
Quando e come hai deciso di dedicarti alla pittura?
«L’arte e soprattutto il disegno mi hanno sempre accompagnato fin dalla più tenera età. In particolar modo i fumetti hanno rappresentato la mia passione da sempre, finché sono riuscito a farla diventare il mio lavoro, dopo una breve parentesi come grafico pubblicitario.
Attualmente ho la fortuna di collaborare con la Sergio Bonelli Editore, e con altre piccole realtà editoriali che mi permettono di produrre lavori più personali. Sono anche insegnante presso la scuola di fumetto di Asti, da me fondata, e all’Accademia di Belle Arti di Cuneo».
La tua è una pittura astratta, come mai hai scelto questo stile?
«Dopo lunghi anni trascorsi a cercare una diversa forma di espressione artistica diversa dai fumetti, dopo vari tentativi con il colore, poi regolarmente disconosciuti, durante il periodo del primo lockdown grazie anche a una maggiore introspezione con me stesso e una voglia di uscire mentalmente dalla chiusura causata dal Covid, ho finalmente visto con chiarezza cosa volevo dipingere. Doveva essere una sorta di liberazione istintiva senza freni di quello che mi sentivo di mettere su tela, e doveva essere diverso da quello che abitualmente faccio per lavoro. Niente di riconducibile al figurativo o al realistico, solo istinto puro».
Come nascono le tue opere?
«Le mie opere nascono da una sollecitazione cromatica che può essere riconducibile ai miei maestri, principalmente gli impressionisti, passando poi a Klimt, Schiele e sopra tutti l’inarrivabile Van Gogh. A loro mi ispiro per ottenere il giusto equilibrio di colori che faccio gocciolare sul supporto, tela o carta che sia, fino a quando non ottengo l’equilibrio giusto mediante l’aggiunta di colore fino alla completa saturazione.
Quale colore non deve mai mancare nella tua tavolozza?
«Il colore che non deve mai mancare nella mia tavolozza è il rosso, seguito dal giallo. Come già accennato prima molte sono le fonti di ispirazione, primo fra tutti Van Gogh».
Qual è il tuo messaggio artistico?
«La pittura per me significa condividere un pezzo della mia visione strettamente personale e delle mie sensazioni con gli altri, che spero possano apprezzarle e vedere a loro volta qualcosa di loro stessi nei miei quadri».
A quali progetti stai lavorando?
«Ho appena finito una serie di quadri abbinati a un’altra mia passione: la musica, soprattutto quella degli anni ’80. Ho abbinando un testo di una band o artista che mi aveva colpito nella mia gioventù ad ogni quadro della serie. La prossima serie di lavori che realizzerò partirà dagli stimoli delle emozioni e sarà realizzata solo con i tre colori primari: giallo, rosso e blu».
Scopri il video dedicato all’artista