Gianluca Ruggi è ingegnere e disegnatore, dopo le difficoltà iniziali ha trovato il giusto binomio tra regole e creatività, tra realismo e astrazione.
Ciao, raccontaci brevemente chi sei.
«Ciao, mi chiamo Gianluca, ho 28 anni e sono di Livorno. Che dire… sono un ragazzo normale, ho vissuto in provincia di Brescia fino all’età di 5 anni, poi i miei sono tornati a vivere Livorno con me. Qui ho frequentato la scuola, il liceo scientifico e poi ho fatto Ingegneria all’Università di Pisa, laureandomi nel 2020 in pieno lockdown».
Raccontaci il percorso che ti ha portato a diventare un disegnatore.
«Ho la passione per il disegno da quando ero piccolo e le dedico del tempo tutti i giorni: mio padre e mio nonno paterno hanno coltivato questa passione prima di me e mi hanno sicuramente influenzato. Ho sempre amato i fumetti ed ho iniziato leggendo i grandi autori italiani degli anni 70-80: Bonvicini, Pratt, Jacovitti, Silver e tanti altri. Tutt’ora continuo a leggere fumetti e tra i miei autori preferiti sono subentrati Frank Miller e Paul Pope. Tutti loro hanno plasmato il mio “stile” di disegno. In particolare l’approccio minimale e di impatto di Hugo Pratt è probabilmente quello che mi ha ispirato maggiormente».
Essere ingegnere e disegnatore insieme, come convivono le due cose, se si incontrano e se si respingono.
«Per i primi anni ho affrontato il percorso universitario con grande insofferenza, durante la magistrale però ho avuto la fortuna di incontrare un professore che mi ha permesso di scoprire una cosa importante: l’ingegneria poteva non essere solo regole e noia, ma anche pensiero fuori dagli schemi e creatività. Da quel momento è cambiato tutto, mi sono appassionato e impegnato davvero. Con lui il rapporto è continuato anche dopo la laurea ed ho lavorato sotto la sua guida per un anno nella ricerca universitaria, per arrivare ad ora in cui lavoro stabilmente in un’azienda Spin-Off dell’Università di Pisa sotto la sua guida.
Adesso sfrutto anche il lavoro come valvola di sfogo creativo e non lo trovo più in contraddizione con il mio carattere e con la passione per l’arte ed il disegno. L’unico aspetto che vorrei provare a controbilanciare è che lo studio ed il lavoro da ingegnere hanno assorbito una parte molto più grande di energie rispetto al disegno, al quale voglio ridare la giusta importanza».
Che tipo di opere realizzi, come li realizzi quindi tecnica e qual è il messaggio di queste creazioni.
«Vedo la massima espressione del disegno nella linea di una penna a china e nella semplicità del bianco e nero, ma ultimamente sto cercando di aprirmi anche al colore, ad altri strumenti di lavoro ed al digitale. L’impronta “da fumettista”, come dicevo, è rimasta sempre viva in me ed un mio pallino è quello di essere capace di riuscire a disegnare qualsiasi soggetto.
Di solito non mi interessa che i miei lavori abbiano un significato esatto, piuttosto voglio che siano evocativi e d’impatto. Inoltre sono abituato a disegnare senza ricalcare fotografie o senza avere necessariamente il riferimento dal vero. Cerco di farlo immaginando ciò che voglio disegnare senza averlo davanti. Penso che la bellezza del disegno sia che esso ti permetta di aprire una finestra nella testa di qualcun altro, quindi, anche se ricerco un certo realismo, voglio che ciò che metto su carta sia una pura proiezione di immagini mentali».
Come definiresti il tuo stile.
«Definirei il mio stile la ricerca di un compromesso tra realismo e astrazione, voglio che ciò che disegno sia credibile, ma comunque distante dalla pedanteria della fotografia e dell’iperrealismo, una specie di passaggio intermedio tra i pensieri e la realtà. Questo è ciò che vorrei, non necessariamente si concretizza in ciò che riesco a fare però!»
Se c’è un disegno o un progetto a cui sei più legato.
«Sono lontano da essere soddisfatto di quello che faccio e sto cercando di migliorare, per ora comunque direi che le opere che mi sono venute meglio sono quella raffigurante la statua di Atena nello spazio, per il digitale, e quella col menestrello sotto la pioggia per la china su carta. In entrambe credo di essere riuscito a creare un’atmosfera interessante ed evocativa, tenendo un livello tecnico sufficiente».
Qual è il tuo sogno artistico.
«Vorrei rendere il disegno un’attività centrale nella mia vita e vorrei che fosse qualcosa di condiviso con gli altri. L’ho tenuto solo per me per troppo tempo, ma così facendo non si riesce a crescere davvero».
Cosa non deve mai mancare quando lavori e/o nei tuoi disegni.
«Quando disegno direi la musica. Sarà banale, ma mi ha ispirato un’infinità di volte. Spesso i miei lavori sono traduzioni di immagini evocate dall’ascolto dei brani. Una cosa interessante sono i sogni invece, dai quali cerco di farmi influenzare e se ne faccio di intensi riescono a stimolarmi nel disegno».
Una curiosità prima di lasciarci.
«Sono un grande appassionato di Maccio Capatonda ed Aldo Giovanni e Giacomo. Non mi sono perso nulla di loro!».
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