David Marazzi, un pittore istintivo che ha trovato nell’arte il modo di buttare fuori le sue emozioni.
Breve presentazione.
«Mi chiamo David Marazzi, ho 32 anni e sono un giovane pittore astratto di origine brasiliana».
Quando e come hai deciso di dedicarti alla pittura?
«Ho cominciato a dipingere 3 anni fa quasi per gioco. Stavo attraversando un momento difficile della mia vita e confidai alla mia compagna di avere delle immagini in testa che avrei voluto portare su carta o su tela. Il problema era che a me avevano sempre detto che per fare arte bisognava studiare alle scuole giuste e avere talento, quindi avevo subito deciso di non tentare neanche. Lei mi convinse a provare e matita dopo matita passai ai colori acrilici e iniziai a dipingere».
La tua è una pittura astratta, come mai hai scelto questo stile?
«Ho scelto la pittura astratta perché per me riflette meglio di tutte la complessità e la bellezza dell’animo umano. Rispetto e ammiro chi è in grado di fare un bel ritratto o di disegnare un paesaggio, ma non è quello che cerco personalmente. Quando lavoro mi preme indagare la mia anima e le sue parti più nascoste per tirare fuori la mia essenza e trasferirla allo spettatore».
Come nascono le tue opere?
«Per maggiore praticità lavoro quasi sempre di notte. Raramente faccio disegni o bozzetti preparatori. Libero più spazio possibile in casa e ricopro tutto con veli di plastica per non sporcare. Metto sul tavolo 3 pennelli, 1 spatola, diverse tessere magnetiche usate e i colori acrilici. Poi indossare gli auricolari EarPods e ascolto la mia musica preferita mentre stappo una bottiglia di vino, quasi sempre Lambrusco secco. Poi inizio a dipingere e il processo può durare anche 3-4 ore. Quando ho quasi finito vuoto il vino rimasto nella bottiglia sulla tela e vado a dormire aspettando che il tutto si asciughi».
Quale colore non deve mai mancare nella tua tavolozza?
«Non lavoro senza bianco e nero».
C’è un artista a cui ti ispiri?
«Mi sento spiritualmente vicino all’opera di Jackson Pollock e dell’italiano Emilio Vedova, ma mi emozionano moltissimo anche le esperienze di Jean-Michel Basquiat e Francis Bacon».
Qual è il tuo messaggio artistico?
«Non so se posso chiamarlo messaggio artistico. Io lavoro per portare fuori quello che quasi tutti vogliono tenere dentro e sotto chiave: la vera essenza del nostro spirito. Penso sia fondamentale accettare la propria realtà personale fino in fondo, ma per farlo servono impegno, onestà e fatica.
La discesa negl’inferi del nostro animo è faticosa e in alcuni casi molto dolorosa ma solo così possiamo arrivare a conoscere davvero noi stessi e a stare bene con il mondo intorno a noi».
A quali progetti stai lavorando o anche futuri?
«Al momento sto lavorando a due mostre, una a Roma e l’altra sul lago di Como».
Qualche curiosità su di te prima di salutarci?
«Ho suonato per anni in una banda giovanile a Mirandola, in provincia di Modena, che si chiama “John Lennon”. Non temo i giudizi altrui sul mio lavoro, ma ascolto sempre con attenzione o commenti di mio padre che sono duri ma sinceri come l’acqua».
Scopri il video dedicato all’artista