Benedetta Frezzotti, illustratrice, paper artist e docente di comics ci parla del suo stile e del suo lavoro.
Breve presentazione.
«Mi sono diplomata nel 2005 all’Istituto Europeo di Design in Illustrazione e Animazione Multimediale e specializzata in animazione stop-motion presso lo Studio Misseri di Firenze. Tornata a Milano ho fondato Studio Platypus (www.studioplatypus.it) insieme a un gruppo di colleghi. Da allora mi divido tra illustrazione, animazione e la progettazione di laboratori e Activity (giochi e attività per l’editoria) collaborando con ArtAttack magazine e Franco Cosimo Panini, Giunti, Larus e alcune agenzie di pubblicità. Sono stata membro del direttivo dell’Associazione Illustratori dal 2008 al 2010 e tra il 2015/18 vicepresidente e referente corsi. Attualmente ricopro il ruolo di ambasciatore e curatore della serata annuale sullo storytelling interattivo. Sono attiva nella didattica dal 2011 in seguito ad un Master in metodologia Bruno Munari, ho tenuto corsi di formazioni per adulti per i nidi di Fondazione Ferrero, Fiat, ORSA, a professionisti dell’illustrazione per PubCoder e AI (Autori di Immagini) e WOW (museo del fumetto Milano). Per bambini e adolescenti invece ho tenuto corsi e laboratori per Associazione Illustratori, Ferrero, Disney, Lucca Junior, Fiat, Bergamo Scienza, Educa festival, Festival dei diritti dei bambini di Mantova e altri. Sono stata docente di illustrazione per app e dispositivi mobili presso L’Istituto Europeo di Design di Milano (corso serale), ora presso la libera accademia d’Arte di Novalia a Savigliano e Scuola Internazionale di Comics.
Come autore ho realizzato quattro app:
- Indovina cos’è, Edizioni Piuma, un app per bambini che è stata ospitata da: Salone del libro di Torino 2016, Fabula Festival 2017 (Laboratorio e mostra), Sharjah International Book Fair 2017, Educa festival 2018.
- Da Bambino a Bambino, edizioni Piuma per ARAI, in collaborazione con Università degli studi di Torino, progetto finanziato da Fondazione CRT.
- +-x:, pubblicata sulla piattaforma didattica eDook è un dizionario visuale e interattivo delle quattro operazioni matematiche. Uno strumento per insegnanti in contesti multietnici. Presentata al congresso IMAGE 2017
- Lost in translation Comics: Edicola digitale del fumetto Transmediale Lost in Translation, storie di didattica interculturale e altri disastri. Edito principalmente in digitale, ha alcuni contenuti paralleli pubblicati esclusivamente in cartaceo su 64_pagé per il Belgio e Animazione Sociale per l’Italia.
Nel 2019 è uscito il mio primo libro “Le mie Stories” Edizioni Piuma, un romanzo illustrato per bambini su Instagram e la fotografia».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Il mio percorso è alquanto eterogeneo. Ho iniziato a pubblicare strisce a fumetti il primo anno di IED, ho studiato animazione e poi ho iniziato a lavorare come illustratore per l’infanzia. Credo che l’unica costante fosse il voler raccontare qualcosa. Per questo non ho scelto la pittura o la scultura, ma l’illustrazione e il fumetto: volevo raccontare delle storie che arrivassero nelle case della gente. Munari diceva che “Il sogno dell’artista è comunque quello di arrivare al Museo, mentre il sogno del designer è quello di arrivare ai mercati rionali”. Forse sono un po’ designer».
Che tipo di tecnica usi?
«Come disegnatrice non sono nulla di speciale, in compenso adoro provare tecniche diverse. Sono leggermente allergica alla pittura acrilica, quindi ho provato qualunque tecnica tradizionale di colorazione alla ricerca di una alternativa incluso ricostruire alcuni pigmenti naturali dai ricettari medioevali. Questo “svantaggio” iniziale mi ha fatto mettere a punto le due tecniche con cui lavoro ora, plastilina e sculture di carta. Sopratutto nelle sculture di carta il mio modo di lavorare è abbastanza unico, forse perché è folle. Preparo piccole sculture di carta, quasi completamente bianche, le fotografo e coloro in digitale. Le luci e le ombre le creo sul set fotografico, a volte con la tecnica delle pennellate di luce: stanza buia, controllo manuale dell’esposizione e uso una piccola pila led come se fosse un pennello per “dipingere” la luce sulla carta. Della plastilina mi piace la morbidezza e la leggerezza, e i colori. La trovo perfetta per quando lavoro per la prima infanzia. La carta è il materiale dei libri e della conoscenza, se la sforzi troppo si spiegazza o si strappa, mi permette di avere forme nette e pulite. Risponde meno alla manipolazione, più “cocciuta” ma permette forme che con la plastilina non posso ottenere».
Quale destinazione trovano le tue opere?
«Quelle credo che uno meno si aspetta… app e progetti transmediali. Collaboro in maniera abbastanza stretta con un piccolo editore, Edizioni Piuma. È piccolo ma tosto e mi permette di sperimentare nuovi modi di mescolare il racconto con le nuove tecnologie. Con loro ho realizzato due app in plastilina e il mio primo libro come autore completo, che mescola il racconto con una parte di contenuti esterni raggiungibili tramite qr-Code. Adesso stiamo lavorando a un nuovo progetto, molto complesso a livello di progettazione ma molto molto stimolante».
Come nascono le tue creazioni?
«Sono curiosa in modo compulsivo, anche un po’ bulimico a volte: leggo, studio, girovago osservo la gente. Poi fisso per qualche giorno il soffitto, metabolizzo e le cose vengono fuori all’improvviso. Da lì inizio a limare l’idea, a volte anche per anni. I miei lavori hanno sempre un po’ del documentario anche se non sempre si vede».
Come definiresti il tuo stile?
«Cerco sempre di piegare il mio stile alla storia e al medium che scelgo per raccontarla… lo definirei storiadipendente o simbiostorioso…»
Tu oltre ad essere una bravissima artista, sei anche imprenditrice di te stessa, come è nato lo Studio Platypus?
«Studio Platypus è stata una gigantesca botta di fortuna: ero fresca di diploma IED, un po’ sperduta e in cerca di lavoro. Una mia carissima amica faceva la colorista a Graziella Antonini una illustratrice affermata. Graziella, la mia amica e uno sceneggiatore cercavano un quarto per fondare un nuovo studio, e sono entrata io. Tutto in modo un po’ incosciente e folle, ma è andata bene per 12 anni. Io ho imparato moltissimo, e molto velocemente grazie a Viola, Graziella e Riccardo. Viola adesso lavora come Designer di interfaccia in una azienda e al suo posto è entrata una giovane illustratrice, Nicole Curtis. Il nome dello studio è Studio Platypus (Platypus è il nome latino dell’Ornitorinco). Sceglierlo è stata un’epopea, ne abbiamo scartati tantissimi; quando ormai eravamo sull’orlo della follia Riccardo, complice un viaggio in Australia, ci ha proposto l’ornitorinco perché è un animale che ha il suo fascino e la sua unicità nel suo essere strano: è un mammifero ma depone le uova e al il becco di un’anatra. Rispecchiava perfettamente il nostro gruppo piuttosto eterogeneo».
A quale progetti stai lavorando?
«Sto iniziando un progetto molto bello con gli studenti dell’Accademia d’Arte Novalia e la professoressa Serena Fumero per la valorizzazione della Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso. Un luogo veramente affascinante ma poco conosciuto, sto lavorando al nuovo libro e a una collana per Edizioni Piuma. Ma soprattutto vorrei trovare il tempo per curare di più il mio Patreon. Sto facendo diverse sperimentazioni sul fumetto interattivo e in realtà aumentata e il sostegno dei miei-pochi ma santi- Patreon è veramente fondamentale».
Hai qualche curiosità da raccontarci?
«Sono un’accumulatrice compulsiva di libri, adoro i Cabinet de Curiosité e quando posso lavoro sul pavimento».
Scopri il video dedicato all’artista