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Tutto nasce dall’amore per il cinema e l’animazione

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Alexia Joulianos è un’illustratrice determinata perché ha capito fin da subito che l’arte era la strada per lei. Il suo tratto è fatto da matite colorate e stili grafici diversi.

Breve presentazione.
«Salve! Mi chiamo Alexia, ho 30 anni e da circa un anno mi sono trasferita ad Alicante in Spagna. Dopo aver finito il Liceo francese mi sono laureata in Lingue e Culture straniere a Roma3. Mentre preparavo la tesi mi sono iscritta al corso di Illustrazione presso la Scuola Internazionale di Comics di Roma, dopodiché ho ottenuto un Master in Traduzione e Adattamento Audiovisivo. Completato il corso di Illustrazione ho conseguito il Master di Art Direction dell’ IDEA Academy».

Come e quando hai deciso di dedicarti all’arte?
«Già da piccola, ho sempre amato disegnare e dipingere, sia da sola che con le mie amiche passavo ore a inventare storie e personaggi. Avrò avuto circa 14 anni. Nella mia scuola si organizzò una specie di fiera dei mestieri in cui conobbi una disegnatrice grafica. Quando scoprii che con la creatività si poteva lavorare ho immediatamente capito che volevo fare quello. Non volevo quindi il posto in ufficio in mezzo alle scartoffie ad occuparmi di cose noiose, ma volevo fare qualcosa di dinamico come appunto avevo scoperto fa il disegnatore grafico. Da lì con gli anni ho centrato meglio quello che volevo e i miei interessi. Sono passata ad interessarmi all’Illustrazione poiché, da amante del cinema e sopratutto di animazione, sapevo che l’illustratore lavorava anche in quel settore. Ho compreso realmente cosa comporta questo mestiere quando ho seguito il Master dell’IDEA Academy».

Come descriveresti il tuo stile?
«Una domanda a cui è difficile per me rispondere. Il rapporto con il mio stile è stato assai travagliato, a volte ci piacciamo a volte non ci sopportiamo. Ogni tanto cambia di testa sua ma entrambi miriamo al miglioramento. Generalmente parlando, porto nel cuore lo stile grafico dei capolavori dello studio Ghibli o il tratto distintivo di Alessandro Barbucci, insieme a tanti altre fonti d’ispirazione. Ai miei occhi il mio stile è ancora acerbo ma riconosco come questo a volte mi aiuti nel mio lavoro poiché mi permette di adattarmi discretamente a stili diversi per progetti diversi».

Come nascono le tue opere?
«Quando mi commissionano un disegno, un’immagine si materializza (più o meno) nella mia mente. Dico più o meno perché non è tangibile, è un po’ il fantasma di quel che poi diventerà il prodotto finito. Quindi parto da questa vaga idea, butto su carta uno schizzo, che inizia quasi sempre da un cerchio, e tra vari segni inizio a fare bozze su bozze. Quando arrivo a qualcosa di soddisfacente ripulisco con una line-art più precisa e definita (passaggio che normalmente faccio in digitale). Dopodiché metto i colori di base e ombre, lavorando con calma i volumi. Infine, il tocco delle luci. In ogni caso dipende dall’illustrazione, in alcune, come con i personaggi, mi fermo semplicemente alle ombre e ad accennare i volumi».

Cosa vuol dire creare un personaggio da zero e quanto tempo ci vuole anche per delineare i tratti caratteriali?
«Non esiste un tempo ben determinato. Dipende tutto da quanto sia ben definito il personaggio nella nostra mente. Alcuni nascono facilmente. Altri invece potrebbero richiedere più ricerca e tempo. Molto spesso parto con un’idea vaga e disegno dopo disegno prende forma forma ed evolve. Quel che mi aiuta tanto a catapultarlo è metterlo in differenti situazioni e ambienti».

A proposito di personaggi di fantasia… ce n’è uno famoso che avresti voluto inventare?
«Non ci ho mai pensato. Ci sono tanti personaggi che mi piacciono tantissimo, per esempio Sandman di “Le 5 Leggende”, Malefica, Toothless, anche Tintin. Ho tanto rispetto per i loro creatori».

Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Matite colorate per sketchare. Le trovo molto più comode della grafite, più morbide e non sbavano. E i miei acquarelli, anche se poi magari non li utilizzo, ma mi danno tranquillità».

Qual è il tuo messaggio artistico?
«“Finish not perfect.”
Una delle tante frasi che all’estero usano molto e che in effetti trovo sia la più saggia. Penso sia comune ormai pensare che la qualità sia meglio della quantità ma pensare così crea quasi sempre il problema di indurre le persone in un blocco creativo. Non pretendo dire che sia così per tutti. Il voler da subito riuscire ad ottenere un disegno perfetto, applicare tutte le regole e metodi che ci vengono insegnati, il vedere i difetti e problemi già alla “nascita” di un disegno ti porta alla fine a demotivarti e a non andare avanti con quel disegno o quella idea, e rimane un altro schizzo incompiuto che va ad aggiungersi agli altri progetti mai completati. Per quello questa frase diventa importante. Studiare, sperimentare, uscire dalla propria comfort zone, sono tutte cose importanti, ma non bisogna dimenticare, e forse sembrerà infantile, il sentimento di divertimento che abbiamo avuto sempre nel disegnare. Quel sentimento è alla base della nostra passione. E’ il nostro motore e carburante. Se qualche studente leggesse questa mia intervista gli direi che non bisogna demotivarsi, che la perfezione non è amica della creatività. Di andare avanti con testardaggine».

Per concludere… hai una curiosità da raccontarci?
«Non so se si può considerare una curiosità, ma l’estate scorsa ho disegnato una pupazza che è stata stampata su un espositore in plastica alta un metro e mezzo. Per me è stato divertente, praticamente la potevo abbracciare…e l’ho fatto. Ho abbracciato un mio personaggio… haha».

Scopri il video dedicato all’artista

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