Mauro Daviddi, un pittore e illustratore, ma anche fotografo per passione, un amore che ha radici nel tempo e che risale alla sua infanzia.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Mauro Daviddi, conosciuto come Mauro Squiz Daviddi. Il nome d’arte “Squiz” deriva dalla mia attività di illustratore ed è l’onomatopea del tubetto di colore che viene strizzato. Ho 53 anni e ho sempre avuto la passione della fotografia, fin da bambino. Ho iniziato a fotografare a circa 9 anni con la macchina fotografica di mio padre, una Voigtländer Victoret».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Mi sono diplomato negli anni ’80 presso l’Istituto statale d’Arte di Bologna. Nel 1986 ho cominciato a lavorare come illustratore, caricaturista, grafico e pittore. Per quanto riguarda la fotografia non ho mai frequentato alcuna scuola o corso. Tutto quello che ho imparato l’ho acquisito da solo, sperimentando e osservando anno dopo anno. Ho avuto la possibilità di esporre le mie fotografie in Italia ed Europa: Palazzo d’Accursio (Bologna), Museo delle cere anatomiche Luigi Cattaneo (Bologna), Museo Civico del Risorgimento, (Bologna), Cassero per la scultura italiana dell’Ottocento e del Novecento, Montevarchi (Arezzo), Monturque (Spagna), Avilés (Spagna), Maribor (Slovenia), Nebbiu (Corsica), Nicosia (Cipro)».
Che tipo di tecnica fotografica usi per realizzare i tuoi scatti?
«Prediligo il bianco e nero. L’ho sempre amato. Oltre al digitale uso macchine fotografiche a pellicola. Anche in quelle occasioni utilizzo prevalentemente rullini in bianco e nero».
Come nascono le tue immagini?
«In occasione delle mostre a tema, ad esempio quella del 2013 presso il Museo delle Cere Anatomiche Luigi Cattaneo di Bologna, gli scatti sono nati da un’attenta osservazione dei soggetti. Ho passato diversi giorni nel museo e quando è stato il momento di scattare, dopo aver studiato attentamente le luci, tutto è venuto da sé, mi son lasciato guidare dall’ispirazione. In quei momenti è come se entrassi in un’altra dimensione fuori dal tempo.
Questo vale anche per altri tipi di scatto dove non ho alcun tema prefissato. E’ la mia ispirazione a guidarmi, è qualcosa di magico. Quando esco di casa per motivi non legati alla fotografia ho comunque sempre con me una macchina fotografica tascabile e il cellulare perché può sempre nascere l’occasione per un ottimo scatto».
Qual è il segreto per ottenere uno scatto perfetto?
«Conoscere alla perfezione la macchina fotografica, il suo funzionamento, la tecnica che deve essere parte di te. Devi assolutamente averla acquisita. Fatto questo (e ci vuole tempo e pazienza) devi lasciarti guidare dalla tua ispirazione, dal tuo modo di vedere. Sono convinto che un bravo fotografo riesca a vedere le cose da un punto di vista che le altre persone non colgono».
Tra le tue esperienze lavorative, ce ne è una in particolare che ti ha dato maggior soddisfazione?
«Ogni esperienza fotografica mi ha lasciato qualcosa di positivo. Una che ricordo con soddisfazione è stata quella relativa alla mostra dell’estate 2013: “Luci e artifici nella Certosa di Bologna” (presso il “Cassero della scultura italiana dell’800 e del 900” a Montevarchi AR). Il primo motivo è che amo profondamente il cimitero monumentale di Bologna e aver avuto la possibilità di fare un lavoro su di esso per me è stato qualcosa di meraviglioso (fotografo la Certosa dalla fine degli anni ’80). Il secondo motivo è che ho avuto il privilegio di poter entrarvi di notte. Ho fotografato le sculture avvalendomi di spettacolari giochi di luce e sperimentato alcune tecniche che non avevo ancora usato».
Cosa è per te la fotografia?
«E’ un’Arte con la A maiuscola. Quella che preferisco, nonostante sia anche un pittore e un illustratore. A parte questo non riuscirei a definirla a parole. Potrei dire una frase a effetto, ma preferisco tacere perché è qualcosa di talmente profondo che risulta indefinibile».
Cosa non deve mai mancare nel tuo zaino da lavoro?
«Il mio obbiettivo auto costruito per la Canon. Si tratta di un aggeggio rudimentale ma al quale sono affezionato (costruito con le lenti di un vecchio proiettore di mio padre). Posso avere attraverso di esso un particolare effetto “old style” che mi piace molto».
Un consiglio prima di lasciarci?
«Cambiate il vostro punto di vista e scoprirete un altro mondo. Ciao a tutti :)»
Scopri il video dedicato all’artista