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Andy Warhol, Pop Groove

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Nuova rubrica di AsD “COVER D’ARTISTA Quando l’Arte incontra la Musica” a cura dell’illustratore SkullaGabe
SECONDA PUNTATA: ANDY WARHOL

Se dici pop art è per parlare di lui: Andy Warhol. Nato come Andrew Warhola Jr. nella city of bridges degli USA da genitori immigrati dalla Slovacchia, è il secondo artista più comprato e venduto al mondo, dopo Pablo Picasso. Da piccolo, un disturbo neurologico che gli provocava improvvisi e incontrollati movimenti di arti e muscoli facciali lo costrinse a letto per un lungo periodo. Il giovane Andrew impegnò tutto questo tempo disegnando, ascoltando la musica in radio e tappezzando le pareti della sua cameretta con poster delle star del cinema, della musica e della TV. Come lui stesso affermerà alcuni anni dopo, questo periodo è stato fondamentale per lo sviluppo della sua personalità, dei suoi gusti e delle sue competenze. Negli anni ’50, dopo la laurea, si trasferì da Pittsburgh a New York e la Grande Mela, con tutte le opportunità che offriva, fu il trampolino di lancio della sua incredibile carriera: cominciando come illustratore per riviste come Vogue e Glamour, ha sviluppato stili e tecniche che hanno scritto la storia, dominando la scena della pop art e portando nelle gallerie d’arte gli oggetti più stravaganti e svariati personaggi, da Mao Zedong a Dolly Parton. 

Cow wallpaper
Mona Lisa (depicted and detail)
Truck

Il suo esordio in campo musicale arriva nel 1967 con la produzione dei “The Velvet Undergroud & Nicho” con l’omonimo album considerato tra i più influenti e acclamati della storia del rock, un album che ha gettato le basi per una moltitudine di generi e ha introdotto tematiche innovative nei testi che, per la prima volta nella storia della musica, trattano in maniera molto esplicita argomenti come la perversione e la deviazione sessuale, l’alienazione urbana, lo spaccio e l’assunzione di droghe. La celeberrima copertina con la banana è stata inserita dalla rivista Rolling Stone nella top 10 delle migliori album cover di sempre. Non tutti sanno che nella prima edizione la banana gialla in copertina era un adesivo: una piccola scritta vicino al picciolo recita “Peel slowly and see” invitando a “sbucciare” lentamente per mostrare un frutto di un colore inaspettato, una palese provocazione, una maliziosa metafora di un membro maschile. Inizialmente l’album ebbe un successo commerciale limitato per una serie di motivazioni: in primis per i suoi testi trasgressivi, inoltre per stampare la prima versione fu progettato uno speciale macchinario, la cosa determinò ritardi nell’uscita dell’album e a causa degli alti costi di stampa venne ritirato dai negozi; la seconda edizione fu stampata senza adesivo ma creò dei problemi legali a causa di una foto usata sul retro e, a sua volta, fu ritirata dal mercato. L’album “per adulti”, come lo definì Lou Reed, ebbe un successo tardivo, era la prima volta che un simbolo erotico così esplicito veniva usato come copertina, Warhol seppe mescolare la sensibilità musicale dei Velvet Underground con la sua sensibilità visiva creando un’opera trasgressiva a 360°.


Front cover

Front cover “sbucciata” 

Il decennio degli anni ’60 fu davvero incredibile per Warhol, sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista personale. Con il suo genio cavalcò la cresta dell’onda del successo, dopo aver portato le sue serigrafie più iconiche dentro i musei passò alla produzione cinematografica dirigendo più di 60 lungometraggi, e fondò la sua casa editrice The Factory Additions: non solo un luogo di produzione ma un vero e proprio ritrovo per artisti di ogni genere e calibro. La sua vita cambiò due giorni prima dell’assassinio del presidente Kennedy: una frequentatrice della Factory, Valerie Solanas, artista e femminista radicale, sparò diversi colpi di pistola nell’atrio dello studio dell’artista attentando alla sua vita e a quella del compagno e curatore. Quest’ultimo se la cavò con qualche ferita lieve ma Warhol, colpito da tre pallottole, sfiorò con un dito la morte e fu dimesso dall’ospedale dopo due mesi riportando gravi conseguenze fisiche e psicologiche. Anche per questo motivo il decennio successivo di Warhol fu molto più tranquillo ma non meno ricco di produzioni di ogni tipo. 
In quegli anni l’artista presta il suo genio per realizzare “The painter” il sedicesimo studio album di Paul Anka: nessuno meglio di Warhol poteva immortalare l’icona musicale pop più popolare di quegli anni, realizzando due ritratti, per front e back cover, che raffigurano il cantautore in pose languide e sognanti, con un leggero profumo di malinconia. L’utilizzo sapiente di contrasti e colori caldi riesce a dare un’anteprima della musica contenuta nel disco esprimendo il concetto di amore maturo cantato dall’artista che, con testi struggenti, affronta il romanticismo affiancando all’amore la gioia, la tristezza e la mancanza. Con quest’album l’etichetta americana United Artists sperimenta per la prima volta il sistema stereo quadrifonico, introdotto nel mercato dai Pink Floyd, per permettere agli ascoltatori di stare al centro della musica e di vivere un’esperienza immersiva. 


Front cover

Back cover

Nel 1975 e nel 1976 i Rolling Stones, dopo che Mick Taylor lasciò il gruppo, suonarono per la prima volta in tour con Ronnie Wood esibendosi in 46 date negli USA e 41 in Europa. L’anno successivo decisero di incidere il loro terzo album live e pubblicarono un disco doppio. Tra i brani incisi gli Stones decisero di inserire quattro canzoni registrate durante l’epico concerto all’El Mocambo Club di Toronto, dove avevano pianificato di suonare dei classici R&B ma il chitarrista Keith Richards non riuscì ad arrivare alle prove perché era stato arrestato per possesso di droga nella sua stanza di hotel. Non era la prima volta che Warhol e i Rolling Stones lavoravano insieme, era già accaduto per la provocatoria copertina dell’album Sticky fingers: fotografare il “rigonfiamento inguinale” e mettere sul disco una vera zip che aprisse la patta dei pantaloni fu un’idea di Warhol realizzata dai suoi collaboratori alla Factory. Quando Warhol mostrò agli Stones l’illustrazione per la copertina di Love you live, Mick Jagger, all’improvviso, prese un pennello e scrisse a mano il titolo creando non poca costernazione all’artista. 


Front cover

Back cover 
Interno
Disc Sleeve front
Disc Sleeve Back

Negli anni ’80 la sua fama lo portò in TV con una serie di corti per il Saturday Night Live e con uno show su MTV intitolato Andy Warhol’s Fifteen Minutes. Il talk show prende il nome da una delle frasi più celebri dell’artista “In the future everyone will be famous for fifteen minutes” (in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti), un’incredibile profezia dei nostri tempi. In quegli anni Warhol conosce Loredana Bertè, soprannominata Pasta Queen per le sue doti culinarie, che diventa un’assidua frequentatrice della Factory dove posa per un servizio fotografico di Christopher Makos, un discepolo di Warhol. Una di quelle foto verrà usata come copertina per il disco “Made in Italy” della cantante, pubblicato nel 1981, mentre Warhol ne idea il retro, fotografando una bandiera sgualcita dell’Italia. Primo dei cinque album “americani” della cantante, contraddistinto da sonorità funky e pop, contiene le celebri Ninna nanna, La Goccia e Movie. Per la sua promozione in Francia e Germania la Bertè fu ospite in diversi show televisivi nei quali andò a cantare vestita da pirata.


Front cover

Back cover 

Nel 1982 arriva un altro album firmato Warhol: Emotions in motion di Billy Squier, secondo la critica fortemente influenzato dal sound dei Led Zeppelin, è l’album che consacrerà al pubblico Squier come una vera rock star. Con la complicità di Freddie Mercury e Roger Taylor, frontman e batterista dei Queen, che partecipano alle registrazioni della title track come coristi, in tre mesi l’album ottiene il disco di platino e il brano che apre l’album, Everybody wants you, resta in vetta nella classifica di Billboard per sei settimane di fila. Nei ritratti del cantante hard rock, Warhol enfatizza i contrasti e gioca con i colori primari, tingendo l’opera con forme che, disposte in maniera differente, trasmettono difformi sensazioni nonostante lo scatto fotografico di partenza sia il medesimo. 


Front cover 

Back cover

Sempre nello stesso anno, Diana Ross chiese a Warhol, dietro un compenso di 100’000 dollari, di realizzare la copertina del suo 13° disco in studio “Silk Electric”. L’artista curò tutto l’aspetto grafico dell’album, per la copertina scattò con una polaroid diverse foto alla cantante e ne scelse una ritagliandone un primo piano, eliminando tutte le sfumature e lasciandone solo i contrasti. Per la scelta dei colori, come scrisse nel suo diario, si chiese: “Che colore devo usare per lei? Vuole essere nera o bianca?”, e alla fine optò per una carnagione pallida che facesse risaltare maggiormente il rosso delle sue labbra. Warhol utilizzò questa foto anche per l’interno e per il retro del disco, lasciando la sua inconfondibile firma stilistica. Il sound pop soul e R&B dell’album gli fece raggiungere la top 30 della classifica USA e ottenne ottimi risultati anche nelle classifiche nordeuropee. Fu prodotto da Diana Ross e Michael Jackson, coautori anche dell’opening track del disco Muscle. Questo singolo, carico di erotismo, fece guadagnare alla cantante una nomination ai Grammy Awards come Best Female R&B woman performer e raggiunse la top 10 nelle classifiche USA.

Front cover
Interno sinistro
Interno destro
Back cover
Disc sleeve, fronte
Disc sleeve, retro
Etichetta disco

Fra i vari artisti che gravitarono intorno alla Factory negli anni ‘80 vi era anche Miguel Bosè. Il cantante spagnolo, naturalizzato italiano, nel suo periodo di maggiore successo finisce a New York, Warhol sente la sua musica e decide di invitarlo nel suo studio per conoscerlo. L’esperienza alla Factory è un’ondata di vitalità per Bosè che nel 1983 pubblica due dischi da dieci canzoni l’uno, uno destinato al mercato spagnolo, l’altro a quello italiano. Intitola quest’ultimo Milano-Madrid, ma non riesce a trovare un titolo che lo convinca per quello spagnolo. L’idea di intitolarlo Made in Spain fu di Warhol, memore del lavoro con la Bertè, che con un pennarello scrisse il titolo direttamente sull’opera che realizzò per le copertine, l’unico elemento che accomuna i due album. Per realizzare la cover Warhol scatta delle foto a Bosè, che poi trasformerà in un’illustrazione diversa dal solito, non seriale ma sequenziale: cinque ritratti diversi che, con colori vibranti, si susseguono sul fronte e sul retro. Warhol e la Factory girarono due videoclip dei brani Fuego, per il mercato latino/spagnolo, e Angeli caduti, per quello italiano. La collaborazione con Warhol segna il vissuto di Bosè che comincia una metamorfosi creativa che influenzerà il suo look e la sua musica, trasformandosi da “bravo ragazzo” a “cantante maledetto”.

Milano-Madrid, front cover
Milano-Madrid, back cover
Milano in Spain, front cover
Milano in Spain, back cover

Nel 1986 Warhol collaborò con la più grande cantante di tutti i tempi: Aretha Franklin. Lady Soul, vincitrice di 18 Grammy Awards, prima donna ad entrare nella Rock and Roll Hall of Fame, commissionò all’artista la copertina del suo trentunesimo album in studio, il terzo intitolato Aretha, dopo quelli del 1961 e del 1980. Il ritratto della Franklin trasuda pop elettronico anni ’80 rispecchiando perfettamente il contenuto del disco: un insieme di sonorità dal pop al gospel, passando da ballate e cover rock, la prova in vinile delle capacità della cantante soul, che plasma la voce adattandola a qualsiasi genere musicale dimostrando, ancora una volta, il suo superbo controllo e la sua impressionante potenza vocale. Il secondo brano del disco I Knew You Were Waiting (For Me), cantata insieme a George Michael, diventa la sua prima (e ultima) hit pop ad arrivare al numero uno delle classifiche. L’artwork della copertina e il disegno a matita all’interno dell’album sono tra gli ultimi lavori di Andy Warhol prima della sua dipartita.

L’arte di Andy Warhol è stata rivoluzionaria e tutt’oggi risulta attualissima. Molte sue opere sono state usate per altri album musicali, anche dopo la sua morte, da svariati artisti: da Debbie Harry a Yoko Ono. Quello che oggi ci resta di lui, oltre alle innumerevoli opere d’arte, è la sua visione collaterale del mondo dell’arte che sposa la pubblicità e insieme offrono una nuovissima chiave di lettura, ironizzando tanto con le sue opere che viaggiano sul sottile confine tra critica d’arte e consumismo.

Images credits:
warhol.org – discogs.com – warholcoverart.com

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