Il concetto di “guerriglia” è entrato oramai a far parte del nostro linguaggio quotidiano. Quasi ogni giorno accendiamo i nostri smartphone e leggiamo notizie agghiaccianti che mettono l’accento su questa tematica molto attuale.
Ci capita spesso di sentir parlare di guerriglie nelle piazze, nelle strade, sovente anche di guerrigliere, come nel caso delle donne curde.
In realtà si tratta di un termine che affonda le sue radici nella guerra d’indipendenza spagnola, poichè proprio a partire da questo conflitto fu praticata per la prima volta questa particolare forma di guerra.
Il presidente Mao Tse-tung, grande esperto dell’argomento, parlava della guerriglia (dallo spagnolo guerrilla) come dell’arte di «fiaccare il nemico con mille piccole punture di spillo».
A tal proposito questo mese analizzeremo “El tres de mayo de 1808 en Madrid o Los fusilamientos de la montaña del Príncipe Pío” del pittore spagnolo Francisco Goya, un’opera molto conosciuta (conservata al Museo del Prado di Madrid) che rappresenta la resistenza delle truppe madrilene all’armata francese, durante l’occupazione del 1808, nell’ambito della guerra d’indipendenza spagnola.
Per quanto concerne questo grandioso artista, possiamo parlare di un vero e proprio caso isolato, “il caso di Goya”. Egli visse tra il 1746 e il 1828, in un momento storico abbastanza particolare, ricco di spunti, retaggi e tendenze a volte provenienti dall’Illuminismo, altre dal Romanticismo, ma il punto è proprio questo: Goya non si può definire né un artista neoclassico (anche se si sentiva partecipe di certe influenze) né un artista “protoromantico”; piuttosto per lui è più conveniente parlare di “Protorealismo”.
La Spagna in cui opera il maestro è la Spagna borbonica caratterizzata da una certa arretratezza culturale, politica ed economica. Si tratta di un Paese che si ritrovò di colpo invaso dalle truppe napoleoniche, e poi come gli altri, coinvolto nella fase della restaurazione monarchica. Goya però manterrà sempre una certa “posizione illuminata” a livello filosofico, anche se dal punto di vista artistico, mai ne assorbi i precetti.
El tres de mayo, è un’opera dal forte impatto emotivo. L’artista spagnolo prova infatti a cogliere un fotogramma interiore, antecedente alla fucilazione del principe Pio, caduto in mano ai francesi. Incredibile risulta essere la sua capacità di interiorizzare, quell’istante che precede l’esecuzione di un essere umano. Il carattere meditativo-riflessivo dell’opera è evidente: abbiamo un uomo dinanzi alla sua morte. Attraverso l’uso libero del colore (aspetto che ci fa comprendere quanta poca importanza egli dava spesso al disegno, specialmente se si trattava di opere dal forte impatto emotivo) tenta di mostrare due atteggiamenti contrastanti: da un lato il plotone d’esecuzione, raffigurato di spalle in quanto libero da qualsiasi sentimento rilevante – i volti e le espressioni infatti nel contesto, risultano superflue- e di fronte invece il dolore. La paura e la sconfitta diventano così per Goya, quei sentimenti inevitabili con i quali si è costretti a fare i conti e con i quali ci si ritrova, alla fine dei tempi, faccia a faccia.
a cura di Maria Rosaria Cancelliere