Alice Dozio è un’artista e graphic designer che realizza collage artistici analogici. Le varie parti di immagini sono prese da libri e da riviste di diverso genere e argomento. Il processo creativo è affiancato dal taglio accurato delle figure.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Alice Dozio, vivo in provincia di Monza e mi sono appena laureata in un curriculum di arte, moda, design e cultura visiva della facoltà di lettere».
Raccontaci il tuo percorso artistico.
«Quando parlo del percorso che mi ha condotto al collage preferisco sempre parlare di un percorso creativo piuttosto che artistico. Ho cominciato appassionandomi alla fotografia durante il mio percorso universitario, ma ho abbandonato l’uso convenzionale dell’immagine fotografica quando mi sono resa conto che la tecnica fotografica, con le sue regole di composizione e di esposizione solleticava un perfezionismo un po’ tossico per me. Quando mi sono concessa di abbandonare l’idea che le fotografie dovessero essere dei “prodotti” e dovessero essere perfette, ho iniziato a farne un uso più creativo. Cominciare a tagliarle è stato liberatorio».
Raccontaci come prendono vita le tue opere.
«Uso la tecnica del collage analogico. Nei miei lavori ancora non ho introdotto nessun passaggio digitale anche se mi piacerebbe farlo. Ciò che mi ha sempre affascinato del collage è che spesso, non si tratta di una ricerca ma di incidenti: i miei lavori spesso nascono da soli, in una stanza buia la sera con la musica ad alto volume. Colleziono libri fotografici e riviste con dei contenuti visivi affascinanti di qualsiasi genere: a volte si tratta di riviste di moda, a volte di cucina o di viaggi. Diciamo che non ho regole molto specifiche nella selezione del materiale di partenza: l’importante è che mi colpisca per la carta utilizzata, per la composizione o per i colori. Dopodiché, sfogliandoli, seleziono immagini che mi comunicano qualcosa e spesso le immagini giuste si incontrano da sole, io devo solo impegnarmi a tagliarle con precisione».
“Faccio collage brutti come la musica che ascolto” è la frase che hai messo nella descrizione del tuo profilo instagram…
«I miei lavori trovano molto spesso ispirazione da canzoni che amo e che scandiscono le mie giornate. Gli artisti che amo, molto spesso italiani, parlano sempre un linguaggio sentimentalmente molto denso ma poco immediato. Spesso le canzoni che ascolterei a tutto volume in macchina, non piacciono o vengono definite strane da chi mi circonda e io lo capisco. La musica che amo non parla con frasi fatte, ma invita chi è in ascolto a partecipare alla costruzione di un senso, che sia il più personale possibile e che non sia mai definitivo. Mi piace pensare che i miei collage parlino esattamente questa lingua».
Nelle tue opere ci sono soprattutto donne, come mai questa scelta.
«In realtà, è successo. Moltissimi dei miei lavori nascono dalla rielaborazione di immagini di un unico libro fotografico di nudo femminile che ho amato alla follia. Tuttavia, non credo che questo amore sia dettato da un caso. La maggior parte dei miei collage sono nati in un periodo di quarantena e sono figli di lunghi mesi invernali, molto solitari e spogli. Le protagoniste e i colori dei miei lavori mi somigliano e somigliano al ricordo che ho di quei mesi».
C’è un’opera a cui sei particolarmente legata?
«All’università, anche per merito di un professore estremamente brillante nella spiegazione, ho avuto la fortuna di scoprire nei lavori di Malevich la possibile densità di contenuti delle rappresentazioni più essenziali possibili nelle forme e nei colori. Questa idea non mi ha più lasciata: mi sono scoperta un’estrema amante delle linee pulite e ho avuto modo di capire che un approccio, non solo all’arte, sintetico e minimalista non corrisponde necessariamente a una rinuncia di significato».
Stai lavorando a qualche progetto in particolare?
«Per ora, non ho vincolato la pratica del collage ad alcun progetto. Attualmente, mi è sufficiente coltivare l’idea che possa rimanere una pratica tramite la quale raccontarmi».
Una curiosità prima di lasciarci.
«Molte persone quando scoprono dei miei collage rimangono straniti dalla facilità con cui ritaglio immagini dai libri. Effettivamente, scegliere di ritagliare immagini da libri fotografici non è stato facile neanche per me e infatti, quando immagino di impiegare un libro per i miei ritagli lo acquisto in più copie con l’idea di mantenerne una intatta».
Link dell’artista
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