Siamo giunti quasi alla prima metà di questo 2021, e a causa della terza ondata Covid, il Governo ha imposto la didattica a distanza almeno fino ai primi giorni di aprile. Da tutto questo caos, emerge però qualche nota positiva: passiamo più tempo a casa con i nostri bambini e, nei casi più fortunati, il rapporto con loro somiglia sempre più a quello che si viveva in un tempo molto lontano, quando la scuola pubblica non esisteva e le neomamme si occupavano direttamente dell’educazione dei propri bambini.
Sappiamo bene che, anticamente, l’istruzione era affidata al privato e solo le famiglie più ricche potevano permettersi un «precettore domestico» o rivolgersi a istituti privati. Per tutti gli altri la formazione avveniva all’interno delle mura domestiche.
Particolarmente interessante da questo punto di vista, mi è parsa un’opera di Leonardo: la Madonna Benois.
Interessante perché Leonardo capovolge i tradizionali schemi accademici per avvicinarsi per la prima volta al vero.
“La Madonna è scesa dal trono su cui gli artisti del Quattrocento l’avevano posta e si è andata a sedere su una panca in una stanza abitata”, scrive Tatiana Kustodieva del Dipartimento dell’arte dell’Ermitage, museo in cui questa grandiosa opera è custodita.
Prima di lui, infatti, i grandi Maestri del tempo si avvicinavano ai temi religiosi sempre con quel timore reverenziale verso la Chiesa, la quale imponeva una ben precisa lettura dei racconti biblici e di conseguenza una specie di “dittatura iconografica”.
Non è un caso che si tratti di un’opera giovanile. La Madonna Benois risale infatti al 1478, e mostra con tutta la sua fierezza un certo distacco dalle interpretazioni del tempo di questo tema, oltre a una freschezza che non ha eguali in quel periodo.
Fucina di grandi talenti, la bottega del Verrocchio fu inizialmente il suo più grande punto di riferimento stilistico. Quest’opera infatti rappresenta uno dei primissimi lavori realizzati presso questo prestigioso Atelier. Un dipinto che si avvicina così tanto al vero, che ci sembra di rivedere le innumerevoli mamme che in questi mesi si occupano dei propri bimbi in casa. Il pittore elabora una nuova figura di Maria: non vi è più quell’immagine quattrocentesca, mistica, autorevole e distante dalla realtà, ma una madre-bambina, molto spontanea, sorridente e tutta intenta a giocare con il proprio figlioletto.
La scena si svolge in una stanza scura, rischiarata solo da una bifora alle spalle dei personaggi, ma il dato saliente rimane l’estrema naturalezza con cui Leonardo dipinge i due soggetti. L’incredibile accuratezza e spontaneità dimostrano il suo attento studio dal vero (aveva probabilmente osservato con minuzia una scena del genere, tra i popolani del suo tempo).
Possiamo quindi affermare con certezza che il dato fondamentale del quadro è la naturalezza, espediente con il quale Leonardo si distacca dall’iconografia tradizionale del tema, e questo grazie soprattutto ad un accurato studio dal vero. La Vergine ha le sembianze di una ragazzina, porge al piccolo un fiore bianco. Il bimbo osserva il fiore con grandissimo interesse, come se esso costituisse il suo primo approccio ravvicinato con il mondo. Il fiore, a quattro petali, è una crocifera e allude proprio alla futura crocifissione. Il bimbo inoltre è ritratto per la prima volta come un neonato e non più come un uomo in miniatura.
Per Leonardo, dunque, la pittura diventa un pretesto per conoscere, studiare e interpretare la realtà fenomenica. Una delle sue grandi invenzioni è, a tal proposito, la tecnica dello sfumato: non più un disegno netto, o una precisissima linea di contorno (emblema di una concezione chiusa dello spazio), ma una miriade di segni, che si fondono con l’ambiente circostante comunicando con esso. I suoi disegni sono caratterizzati da tantissimi tratti indistinti, capaci di cogliere quella morbida atmosfera sensibile alla mutevolezza del Creato.
Considerata perduta per molti secoli, la Madonna Benois, fu ritrovata solo nel 1909, quando l’architetto russo Leon Benois, che l’aveva ricevuta in eredità, la mostrò pubblicamente a San Pietroburgo.
a cura di Maria Rosaria Cancelliere