Tiziano Lettieri è un illustratore che a suo dire non ha ancora trovato il suo stile, in lui però c’è un attento studio delle immagini per forma e colori.
Breve presentazione.
«Sono Tiziano Lettieri, ho 26 anni, origini lucane e vivo in Toscana ormai da circa una decina di anni, da poco sono a Firenze. Ho frequentato troppi anni, purtroppo o per fortuna, la facoltà di ingegneria informatica a Pisa, percorso che ho interrotto per dedicarmi a dei campi che amo realmente, e dunque ora sto frequentando il corso di Design Industriale all’Università di Firenze».
Quando hai deciso di diventare un artista?
«Non credo sia un qualcosa che abbia mai deciso e soprattutto non credo ancora di esserlo a tutti gli effetti, ho ancora molto da migliorare e imparare. Cerco di fare del mio meglio e di fare ciò che mi piace e che mi fa stare bene con me stesso».
Come definiresti il tuo stile?
«Il mio stile al momento è un qualcosa che non riesco ancora a definire completamente. Ho iniziato con uno stile dalle forme più realistiche con una forte influenza delle opere di Sebastien Plassard e Malika Favre. Poi quando decisi di lasciare gli studi di ingegneria feci dei colloqui in un’accademia privata dove ebbi la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con Frank Espinosa ed avere, con un colpo di fortuna, una sua lezione privata. E fu quell’occasione che mi fece allontanare da quel realismo, quindi ora cerco di disegnare secondo dei tratti che mi tornano “comodi”. Provo, e spesso non riesco, a combinare delle forme morbide con una forte geometria nelle luci e nelle ombre per dare profondità alle illustrazioni. Ho ancora molto da sperimentare perché voglio raggiungere uno stile che sento totalmente mio, e per ora ancora non sono appagato sotto questo punto di vista».
Tu sei anche co-founder di uno studio grafico creativo, lo Studio Cubli… Ce ne parli?
«Certo, studio Cubli è ancora un progetto allo stato embrionale. Io e Rebecca Fiaschi abbiamo avviato questo progetto insieme. Lei è una designer già laureata all’Università di Firenze, quindi all’interno del progetto ci sono tre poli che sono il design dei prodotti e degli interni, la grafica e l’illustrazione. Stiamo cercando di capire come strutturare il tutto per far sì che questi tre campi combacino alla perfezione».
Tra le varie esperienze lavorative, quale ti ha dato maggior soddisfazione?
«Tra le varie esperienze quelle lavorative non sono state moltissime, a differenza di progetti e contest scoperti tramite social. Ed è proprio uno di questi, il progetto “dallafinestra” che mi ha dato più soddisfazione in quanto ha tirato dentro tantissimi illustratori con cui confrontarsi e ispirarsi a vicenda tramite i propri lavori».
Quanto sono importanti secondo te i social oggi per un artista e come andrebbero usati?
«Il giusto, non sono ovviamente l’unica realtà, sono una vetrina ma credo che le relazioni personali siano ancora più fondamentali e la cosa buona dei social è che aiutano a costruirle, ti permettono di entrare in contatto con gente sia con cui confrontarsi a livello personale, sia di offrirti delle opportunità non da poco».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«La matita, lo sketchbook e una tazza di caffè».
C’è un progetto particolare a cui stai lavorando o vorresti realizzare?
«In realtà ci sono una moltitudine di progetti a cui vorrei lavorare, ma più di tutti vorrei portare l’illustrazione al livello tale da essere il mio unico lavoro, che quindi che mi permetta di collaborare con svariate aziende, riviste e anche altri artisti».
Per concludere… hai qualche curiosità da raccontarci?
«Vi spiego come feci ad avere una lezione privata da Frank Espinosa…
In pratica come vi ho già accennato feci un colloquio in questa accademia per sapere se potessi effettivamente iscrivermi, quindi se i docenti mi avessero ritenuto uno studente idoneo. Il colloquio in realtà lo iniziai con Alessio D’Uva, una persona squisita e molto alla mano. Gli mostrai i miei sketchbook e i miei lavori e lui decise che Frank doveva vederli prima che andassi via. Scambiai quindi due chiacchiere con Frank dove mi accennò la sua impostazione didattica, mi raccontò di alcune sue esperienze e poi andai via. Poche settimane dopo si tennero gli open day a cui partecipai, ma per un errore degli orari, durante la fascia riservata al corso di illustrazione c’ero solamente io, Frank mi riconobbe e iniziammo a chiacchierare e quella chiacchiera formale divenne, senza che me ne accorgessi, una vera e propria lezione privata in cui Frank mi spiegò, mi diede 3 o 4 consigli banalissimi ma che solo un professionista si rende conto che sono effettivamente dei principi a cui far caso quando abbiamo la matita (o chi per essa) in mano. Qui 3 o 4 consigli mi hanno rivoluzionato il metodo e l’impostazione del tratto e dell’illustrazione. Quindi grazie Frank, te ne sarò sempre riconoscente».
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