Veronica Aquino è una pittrice ritrattista che mette al centro del suo lavoro artistico l’importanza delle diverse influenze artistiche.
Breve presentazione.
«Mi chiamo Veronica Aquino, ho 31 anni e sono un’artista e fotogiornalista di Scafati in provincia di Salerno. Dopo la maturità in Arte applicata, all’Istituto D’Arte G. De Chirico di Torre Annunziata, fin da subito ho coltivato la passione per il ritratto, utilizzando diverse tecniche di rappresentazione, dalle matite, al carboncino, alla china, alla sanguigna, ai pastelli, fino all’utilizzo delle tempere e degli acrilici. Ho intrapreso poi gli studi all’Accademia di Belle Arti di Napoli, indirizzo “Scenografia” alla triennale, dove sono entrata a contatto con una grande realtà teatrale, coltivando poi la passione per la fotografia, fino al raggiungimento della specializzazione in Fotogiornalismo.
Ho frequentato poi un corso di Alta Formazione promosso dal Giffoni Film Festival, come “Autore di Cinema, Tv e Web”. Dopo la collaborazione con diversi studi fotografici come ritrattista, da un po’ di tempo lavoro come libero professionista sia nel campo della fotografia ma anche della ritrattistica. Da un anno mi occupo anche di dipinti, realizzo anche murales su serrande e per interni ed esterni. A settembre 2019 ho partecipato a un concorso di Pittura curato da “Dantebus”, un social network che seleziona nuovi artisti per dare loro la possibilità di farsi conoscere, che ha scelto una mia opera in concorso dedicandomi una recensione».
Quando e come hai deciso di dedicarti all’arte?
«Fin dalle scuole medie realizzavo ritratti che solitamente regalavo ad amici e parenti, quando si dice il cosiddetto “Mi fai un ritratto anche a me?”. Con il percorso accademico ho cercato di perfezionare le varie tecniche di rappresentazione del ritratto sia in bianco e nero che a colori, così ho deciso di farlo diventare un lavoro anche per mantenermi con gli studi. La passione per il ritratto mi ha portato poi a cimentarmi anche in diversi rami artistici, come la scenografia a livello teatrale e la fotografia sia sul piano giornalistico che su quello di cerimonia. Il mio legame con l’arte quindi va a 360 °. E’ da un anno che lavoro attivamente come ritrattista, fotografa e come pittrice, soprattutto su commissione, ma nel tempo libero realizzo dei dipinti autobiografici su diversi supporti, perché credo che l’arte sia molte volte terapeutica per la propria crescita personale ma anche professionale».
Che tipo di tecnica usi?
«Per la ritrattistica classica, ovvero il ritratto in bianco e nero, utilizzo matite, penne, carboncini, china o sanguigna. Per il ritratto a colori utilizzo pastelli, pennarelli, acquerelli, tempere o acrilici, anche per le caricature. Per quanto riguarda i dipinti utilizzo sia acrilici, sia tempere oppure ultimamente utilizzo degli smalti che vengono impiegati per la decorazione di serrande, perché ho scoperto che danno maggiore lucentezza al dipinto».
Come descriveresti il tuo stile?
«Per quanto riguarda la ritrattistica, è uno stile realistico, dal punto di vista pittorico il mio stile è influenzato dalla linea espressionista e surrealista. Espressionista perché adoro un artista che mi ha sempre ispirato ed emozionato al punto da commuovermi, ovvero Edvard Munch. I colori e i soggetti associati al suo turbolento vissuto, mi hanno ispirato al punto da ricercare i colori e i soggetti della mia esperienza personale. Surrealista perché l’inconscio è il tema principale dei miei dipinti. Per la maggiore direi uno stile surrealista, perché lascio libero sfogo agli stati emotivi più profondi del mio essere, ma lo definirei sicuramente emotivo».
Come nascono le tue opere?
«L’idea nasce da un’esigenza istintiva di esprimere uno stato d’animo, legato ad esperienze e a propri vissuti. Le emozioni sono alla base dell’inizio di un’opera. Spesso nei dipinti autobiografici, realizzo una serie di autoscatti per scegliere la posa che voglio trasferire sul supporto, dopo di che inizio una ricerca di simboli o forme che possono plasmare al meglio l’idea che ho in mente. Tutte le mie opere vengono accompagnate dalla musica che mi è indispensabile per la realizzazione di un lavoro. C’è poi una ricerca dei colori che sono quasi sempre improntati sul rosso, bianco e nero: il rosso legato non soltanto al sentimento dell’amore ma anche a ciò che l’essere umano ha sottratto a se stesso per donarsi all’umanità; il bianco rappresenta l’annientamento della persona dai sentimenti dell’amore e il nero l’elaborazione del lutto e della sofferenza dell’uomo. Anche la tempistica per me è fondamentale, soprattutto quando c’è una forte spinta interiore, nel minor tempo possibile devo portare a termine un lavoro, è come il travaglio della donna al momento del parto».
Quale soggetti preferisci immortalare e perché?
«Preferisco immortalare le persone sullo sfondo delle proprie pulsioni. L’uomo è l’autore unico nelle relazioni del mondo, nel bene e nel male. Nella maggioranza dei casi, la nostra identità non coincide con la nostra immagine, impegnata spesso a salvare le apparenze o a ingannare le circostanze, ma in un dipinto l’essenza dell’uomo diventa vera e trasparente».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Fogli di giornale, carta, pennelli, spugne, barattoli, scatoloni, acrilici, tempere, smalti, computer, i libri (in particolare quello di Freud sull’interpretazione dei sogni), matite, colori, la fotocamera,il telefonino, la musica e il caffè».
Qual è il tuo messaggio artistico?
«L’arte è un’oasi per soddisfare emozioni rimosse, che emergono per trovare una temporanea soddisfazione, dove la realtà imprigiona, l’arte libera».
A quali progetti stai lavorando?
«In questo tempo di emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, ho realizzato una serie di dipinti intitolati “STATI D’ANIMO AI TEMPI DEL COVID-19”, sì, perché l’Arte non si ferma, siamo noi a fermarci, lungo le strade non c’è nessuno ma chi c’è dentro di noi? Il nostro stato d’animo in continuo fermento. Il mio inconscio si intinge di acrilici, smalti, tempere, di carta e giornali che viaggiano nel mondo dei sogni e dei desideri intimi nascosti, un’arte che si libera di regole e preconcetti in modo liberatorio, un’arte che forse sarebbe piaciuta a Freud per l’interpretazione che si cela dietro ad ogni pennellata. E’ così che nasce la serie di “ STATI D’ANIMO AI TEMPI DEL COVID-19 ”, dipinti che ripercorrono il mio viaggio alla ricerca dell’identità, nell’intento di rappresentare me stessa nelle molteplici versioni, dalla donna fragile a quella guerriera, travestendosi di passione o tormento, di angoscia o bellezza nel tempo che scorre. Non appena sarà possibile, vorrei realizzare una mostra sui lavori realizzati durante la quarantena e iniziare a lavorare sulla realizzazione di un libro autobiografico».
Qualche curiosità su di te?
«Sono mancina, tre anni fa ho avuto un incidente alla mano sinistra, mi sono chiusa con il pollice nel portone di entrata di una chiesa. Pensavo di dover rinunciare alla mia passione e invece il Signore mi ha graziato ed eccomi qui!»
Scopri il video dedicato all’artista