Paolo Ferrari è un fotografo che ha capito da subito che la fotocamera sarebbe stata il suo mezzo per comunicare e sviluppare le proprie idee. Ama giocare le immagini e sa creare ciò che non esiste.
Quali studi hai fatto?
«Perito elettrotecnico».
Riguardo al tuo percorso artistico, cosa puoi dirci?
«Ho vissuto tra pennelli e colori acrilici da quando ero bambino, appassionandomi e dipingendo giorno e notte. Attratto da tutto ciò che era arte, giunto alla maggiore età ho cercato un mezzo nuovo che potesse velocizzare la realizzazione della mia espressione artistica. Scoperta la fotografia mi ci sono buttato a capofitto capendo subito che quella era la strada giusta per mantenere viva la passione per l’arte sebbene il mondo del lavoro mi vedesse consulente tecnico. In pochi anni sono passato dall’analogico al digitale, inizialmente come autodidatta e successivamente frequentando corsi e workshop».
Quale tecnica fotografica preferisci?
«Da qualche anno mi dedico quasi esclusivamente al formato quadrato. Mi piace il senso che ha di armonia e concentrazione visiva. Lo trovo un mezzo espressivo decisamente interessante a concettualmente intrigante. Tecnicamente amo variare anche se ricerco in particolare una fotografia sostanzialmente pulita e luminosa, dai colori tenui (riconducibile probabilmente all’adorazione che ho sempre avuto per le atmosfere dei dipinti di Hopper e Jack Vettriano)».
Parlaci del tuo stile.
«Da anni ho scelto di presentare ogni foto con una cornice bianca abbastanza larga per “obbligare” l’osservatore ad “entrare” nella foto zoomando (se sul Web) o avvicinandosi (se stampata), per coglierne i particolari e aumentare il rapporto immagine-osservatore. Inoltre, associo a ogni scatto una citazione o una frase che amplia il senso dell’immagine e consente al fruitore di avere una visione più ampia, completa o contraria al suo pensiero, cercando di aumentarne l’interesse».
Ogni tua immagine racconta una storia, a volte in maniera ironica… come prende vita lo scatto?
«Credo che la fotografia debba saper esser a volte seriosa e a volte ironica, in base al momento. Per questo non mi pongo limiti e non fotografo secondo determinanti schemi ma semplicemente in base al mio stato d’animo. L’idea per me è fondamentale; credo che la fotografia, come ogni forma d’arte, non necessiti obbligatoriamente di una qualità eccelsa o per forza di cose della ricerca del “bello”, bensì debba comunicare qualcosa. Se non si ha nulla da dire, difficilmente credo che la fotografia possa emozionare o contagiare i sensi. A parte i casi in cui mi trovo di fronte ad una situazione inattesa (nel qual caso ovviamente non prevale l’idea ma la necessità di cogliere l’attimo) cerco di sviluppare, sempre, e a breve, le idee che mi balenano nella mente. L’esecuzione avviene quasi sempre in ambienti domestici curando in particolar modo la luce e la scelta del soggetto. Credo nel pensiero di Franco Fontana “cancellare per eleggere, togliere il superfluo per significare i contenuti”».
I tuoi scatti sono espressione dell’animo umano, parlano di sentimenti ed emozioni… come mai questa scelta?
«Credo che più che di una scelta si possa parlare di indole, e all’indole credo non si possa dare una spiegazione. C’è chi nella fotografia ricerca esclusivamente un senso estetico, chi sente la necessità di informare/documentare, chi trova nella fotografia una funzione terapeutica e chi probabilmente vede spiccare il proprio lato umanista. Io semplicemente cerco di dire visivamente ciò che sento emotivamente, senza un fine prefissato».
Quali i tuoi progetti lavorativi?
«Di progetti in corso o meglio dire aperti ce ne sono un paio; non relativi alla fotografia singola, bensì alla fotografia come serie (portfolio fotografico). La fotografia singola in realtà è sempre in corso perché le idee vengono quando meno te lo aspetti e per mia natura ho l’esigenza poi di renderle immagini nell’immediato. Per il futuro alcuni sogni nel cassetto; vedremo come andrà».
Chiudiamo con una curiosità…
«Sebbene alcune mie immagini possano esser ricondotte a una sala di posa sono in realtà tutte realizzate in ambienti “di fortuna” cercando il punto giusto in cui scattare e curando particolarmente la luce. Non amo le sale di posa poiché le riconduco idealmente a fotografia per fini commerciali. Ultimamente ho iniziato a lavorare anche sul fotomontaggio per creare foto concettuali che non sarebbero (in natura) realizzabili».
Scopri il video dedicato all’artista