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Dialogo con l’artista Stefano Rezza

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Fino al 23 aprile 2025 è possibile ammirare la mostra “Tra sogni e colori” del nostro socio artista Stefano Rezza. L’esposizione presso il Macramè di Reggio Emilia è a cura della nostra associazione con il contributo speciale di Sara Romano che ha realizzato un’intervista all’artista. Una serie di domande e risposte che ci portano nel complesso mondo creativo di Rezza e ci svelano le molteplici sfumature di una produzione ricca e complessa.

L’INTERVISTA DI SARA ROMANO ALL’ARTISTA STEFANO REZZA

La tua ricerca, che attraversa lo spazio del figurativo, dell’astratto e dell’informale materico, si mostra come il tentativo di sovvertire la specificità di alcuni linguaggi recuperando quello spazio neutro che abita la prossimità della pratica artistica. Credi sia possibile un dialogo tra questi linguaggi?
«Tengo a precisare che non sono un accademico e, forse, la visione per cui l’astrattismo rinunci a qualsiasi riferimento al figurativo, oltre a crearmi un certo disagio, è una visione che non mi appartiene. Riconosco senz’altro il valore della sperimentazione. Dal punto di vista tecnico, le sperimentazioni diventano il punto di partenza per un allargamento del concetto di opera, che include altresì percorsi puramente intellettuali, performance e interi ambienti in cui lo spettatore è pienamente immerso. L’artista è libero di attraversare e mescolare tecniche e metodologie differenti. Credo, tuttavia, che un’arte di ricerca, seppur svincolata dai contenuti figurativi e concentrata solo su se stessa, sulle proprie possibilità formali, trovi la sua legittimazione nel proprio impulso proprio come accadde in America, negli anni Quaranta, con il gruppo degli espressionisti astratti (Jackson Pollock, Willem de Kooning, Franz Kline, Mark Rothko)».

Le tue opere materiche accolgono segni che rimandano a significati, concetti, valori oppure sono la traccia di un divenire che respinge qualsiasi processo di decifrazione, che trattiene essenzialmente l’aspetto transitorio, precario, effimero del segno?
«Quando lavoro ad un’opera astratta lo faccio muovendo dall’idea del molteplice, un segno che, inesorabilmente, si ripete e che non lascia spazio ad una individualità esasperata. I graffiti sono sicuramente i lavori che meglio si prestano a questo tipo di stratificazione del segno. Quando mi accorgo che questo segno sta assumendo la forma di un concetto, devo interrompere questo processo, evitare che avvenga una identificazione e lasciare che il segno non rimandi che a se stesso. Una specie di scrittura non ancora decifrata. 
Quando lavoro alle opere materiche il processo cambia. Accade qualcosa di straordinario: un pensiero che, nella materia, lentamente prende forma. Plasmando la materia, distribuisci il pensiero sulla mano… sembra esserci una qualche corrispondenza.
Con il figurativo siamo all’interno di un paradosso: anche quando sembra esserci corrispondenza tra l’immagine e la cosa reale, il controllo del gesto abdica in favore dell’enigma che diviene troppe volte immagine di contraddizioni logiche. L’inizio è sempre molto violento – il bianco della tela mi destabilizza – e la necessità di superare la capacità visiva dell’occhio umano mi spinge a creare una realtà diversa da quella che siamo abituati a conoscere: più analitica, più “reale” del reale”».

In questo modo di procedere emerge un elemento di sofferenza, il peso delle cose che si ritraggono di fronte ai contorni della rappresentazione. In particolare, nell’opera I sogni muoiono all’alba (2020), l’ordine mentale della natura si ritrae per lasciare spazio, in un’atmosfera sospesa e rarefatta, all’impressione fugace: ogni elemento è perfettamente credibile, eppure isolato, nascosto nel suo senso ultimo. 
«Ci sono opere che sento di non poter portare fino in fondo, di doverle lasciare. Ma oggi credo  di aver elaborato il lutto: mi sono educato alla morte, alla rinascita. Un pittore è cosciente del quadro fino ad un certo punto, l’altra parte, più istintiva, popola lo spazio della tela quasi come se si trattasse di fantasmi nati dal mio subconscio. Un’arte in bilico tra non senso e allusione sibillina e che, in parte, rispecchia l’inquietudine di questo tempo: l’insicurezza e l’incapacità di comprendere le manifestazioni del reale”».

Credi si possa ancora pensare all’Arte come espressione estetica dell’interiorità umana oppure, nella complessità del mondo contemporaneo, l’arte assume un ruolo fondamentale nella critica del nostro tempo svolgendo, dunque, un’essenziale funzione sociale
«Credo che la pittura, per la sua immediatezza comunicativa e la sua capacità di rimandare a molteplici significati storici, debba essere usata come mezzo di affermazione dell’identità sociale e culturale. L’artista diventa, inesorabilmente, un intellettuale. Le opere contemporanee sono spesso frutto di progetti dai risvolti politici, psicologici o sociali, vere e proprie ricerche di cui il risultato visivo è, dunque, solo una delle componenti».

Ringraziamo Sara Romano per il prezioso contributo

In copertina: “I sogni muoiono all’alba” Acrilico su tavola 138×73 anno 2020

“L’uomo che non era lì” Acrilico su tela 30×40 2019
“Codice aurum” Tecnica mista stucco gesso e acrilico su tavola 50×50
“Cosmodromo messicano” Olio su tela 50×50 anno 2022

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