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Nuova rubrica di AsD “COVER D’ARTISTA Quando l’Arte incontra la Musica” a cura dell’illustratore SkullaGabe
PRIMA PUNTATA: SALVADOR DALì
Pittore, scultore, costumista, grafico, cineasta, fotografo, scrittore, sceneggiatore, designer. Nato nel maggio del 1904 come Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, ma più semplicemente noto come Salvador Dalí, può essere definito non solo il padre dell’arte contemporanea ma specialmente l’ideatore dell’applicazione delle arti visive nella comunicazione, per come la intendiamo oggi. Sin da piccolo era un visionario: all’età di cinque anni fu condotto dai genitori sulla tomba dell’omonimo fratello maggiore e si convinse di esserne una reincarnazione definitiva.
Maestro poliedrico e pioneristico, è riuscito a declinare il suo estro in qualunque altra disciplina artistica, realizzando nel corso della vita un’innumerevole quantità di produzioni, oltre ai celeberrimi quadri, che spaziano dai gioielli ai Chupa Chups, e fu il primo grande artista che portò la sua arte sulle copertine degli album musicali.
In realtà con la musica ci era già andato a braccetto qualche anno prima e lo farà per gran parte della sua vita: negli anni ’40 lavorò in teatro realizzando scenografie e libretti per lo spettacolo “Baccanale” un balletto realizzato sulle note del Tannhäuser di Richard Wagner. Ma il primo matrimonio con il mondo della musica contemporanea arrivò solo nel 1955 quando prestò i suoi pennelli per la realizzazione della copertina dell’ottavo album in studio del compositore, attore e conduttore televisivo Jackie Gleason “Lonesome echo” (letteralmente eco solitario). Un LP composto da sedici tracce di mood music, genere popolarissimo tra gli anni ’50 e ’70, dove un’orchestra di archi chiacchiera con diversi strumenti a corde multietnici ricreando sensazioni di piacevole smarrimento e malinconia. Probabilmente non ci sono parole migliori di quelle usate da Dalí stesso nella back cover per descrivere la sua opera:
EN “The first effect is that of anguish, of space, and of solitude. Secondly, the fragility of the wings of a butterfly, projecting long shadows of late afternoon, reverberates in the landscape like an echo. The feminine element, distant and isolated, forms a perfect triangle with the music instruments and its other echo, the shell.”
IT “Il primo effetto è quello dell’angoscia, dello spazio e della solitudine. In secondo luogo la fragilità delle ali di una farfalla che, proiettando lunghe ombre nel tardo pomeriggio, risuonano nel panorama come un’eco. L’elemento femminile, distante ed isolato, forma un perfetto triangolo con gli strumenti musicali e la loro altra eco, il guscio.”
Nel 1960 il direttore ungherese Fritz Reiner diresse e registrò l’esecuzione della Chicago Symphony Orchestra del Don Chisciotte di Strauss. Questo personaggio ispirò Dalí con la sua personalità, la sua follia e la sua monomania e aprì le porte del suo metodo paranoico-critico (come lui stesso lo chiamava): un metodo spontaneo di conoscenza irrazionale basato sul potere delle associazioni inerenti alla paranoia, in altre parole, il potere di rappresentare il delirio umano.
Dalí realizzò tantissime illustrazioni di Don Chisciotte, tante da corredare un libro illustrato ad acquerelli e china; tra queste, tre finirono copertina e nel booklet del disco del 1960 di Reiner. Con loro, il libretto progettato dal maestro Leo Lionni, vanta illustrazioni di Francisco Goya, Gustave Doré, Pablo Picasso e Robert Osborn.
Lorenzo Alvary, basso ungherese naturalizzato statunitense, decise di realizzare un’opera surrealista basata sullo “Scipione nelle Spagne” di Domenico Scarlatti. Grazie alla rielaborazione del compositore e musicologo Giulio Confalonieri, realizzò “La dama spagnola e il cavaliere romano” uno spettacolo musicale-pittorico-coreografico diviso in due parti, opera e balletto, che, in collaborazione con il coreografo Maurice Béjart e con il Complesso Strumentale Italiano, fu messo in scena nell’agosto del 1961 al teatro La Fenice di Venezia. Alvary chiese l’intervento di Dalí per la creazione di poster promozionali, scenografie, costumi, allestimenti, coreografie e fu coinvolto al punto di prestarsi anche come voce fuori campo. Lo spettacolo creò molto clamore attirando persone da tutto il mondo ma non fu molto apprezzato dalla critica e dal pubblico che, come si legge in questo articolo dell’epoca, durante alcune parti di esso fischiò in segno di disappunto. L’anno successivo fu pubblicata l’incisione su vinile dello spettacolo per la quale Dalí si occupò di realizzare la grafica di tutto il disco, includendo opere originali e un’intervista esclusiva.
Durante la sua vita Dalí ebbe un rapporto continuativo con la musica, non si limitò ad usare il suo estro nelle arti figurative: negli anni ’70 registrò un’opera in francese da lui stesso ideata nel 1927 “Être Dieu” (lett. Essere Dio) dove recitava la sua parte con l’inconfondibile accento franco-spagnolo fortemente influenzato dal catalano. Nel decennio precedente, invece, conobbe la modella francese Amanda Topp, sua musa e compagna, che accompagnò nella transizione dal mondo della moda a quello della musica, lanciando il fenomeno Amanda Lear, ma questa è un’altra storia…
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