C0110 “cizerocentodieci” è un artista che ha deciso di cambiare la sua vita scegliendo la strada dell’arte. Ama il mondo delle associazioni, delle Onlus, di chi si adopera per il sociale, per gli emarginati, i malati, le persone in difficoltà.
Breve presentazione.
«Ho frequentato il Liceo Artistico A. Modigliani a Padova (no, non ve lo dirò come mi chiamo) e ho 44 anni. La mia carriera artistica è abbastanza recente, avevo un lavoro “normale”, poi il licenziamento e ho quindi deciso di tentare e realizzare un sogno. E’ andata bene, mi sento un privilegiato».
Raccontaci di più sul tuo percorso artistico.
«Come dicevo, dopo il licenziamento ho deciso di buttarmi in questa avventura. La prima cosa che dovevo trovare era uno stile, il più personale possibile, quindi un profilo “social” da artista e capire se potevo giocarmela. Ho cominciato con qualche piccola mostra in pub e circoli, poi il progetto artistico alla Porta della scuola Duca D’Aosta e la collaborazione con Mediolanum Art Gallery. Ho capito che c’è della curiosità nei miei confronti, per quello che faccio e per come lo faccio. Per quanto l’arte si faccia per se stessi, il riscontro degli altri è fondamentale, a patto ovviamente che, non ci si snaturi per accontentare qualcun altro».
Che tipo di opere realizzi e che destinazione trovano?
«Ho la predilezione (ossessione) per i volti. Amo gli sguardi, quello che non dicono, quello che si può scorgere. Siamo noi. Io dipingo il “noi”, perché nelle mie figure abbondano le contraddizioni, i sogni, gli ideali, le lotte e tutto quello che è riconducibile alla dimensione umana. Con buona pace della perfezione che, mentendo, cerchiamo di inseguire. L’imperfezione è amore, trasparenza. Meraviglia. Sono le persone più diverse che chiedono i miei lavori, li sentono propri, ci tengono… e questo mi gratifica tantissimo. Non produco beni di prima necessità, niente di essenziale, per questo, sapere che persone senza particolari possibilità economiche vogliono un pezzo di me, mi riempie il cuore».
Come nascono le tue opere?
«Mi prendo dei periodi di pausa per riordinare le idee, cercare modi differenti per comunicare. Alle volte escono di getto, altre volte no. Allora sto da solo, penso ma non ossessivamente, raccolgo i silenzi e passeggio. Poi esco anche, raccolgo e accolgo le storie degli amici, delle persone che incontro e questo mi dà sempre grandi stimoli. Io poi sono amante del vecchio metodo tradizionale della impostazione a matita, vado pure di chiaroscuro, perché è fantastico raccontare storie ma è ancora meglio raccontarsele».
Come definiresti il tuo stile?
«Non ci ho mai pensato, non è un argomento che mi appassiona. Un po’ street un po’ pop e qualche volta Art».
Tra le tue esperienze lavorative, quale ti ha dato maggior soddisfazione?
«Di sicuro quella fatta per il Duda, il progetto della scuola Duca D’Aosta. Ho dipinto la porta di un’aula che mi è poi stata intitolata. Progetto splendido di un preside che non ha eguali e da cui sarebbe bello prendere esempio. Poi, diciamo la verità…un’aula capito. Un’aula con il mio nome».
Cosa non deve mai mancare sul tuo tavolo da lavoro?
«Ovviamente il caffè. E’ la mia materia prima, la principale. Poi il giallo Napoli e il bianco di zinco, senza di loro mi trovo perso. Poi anche il quaderno per gli schizzi, ma a quello si può ovviare anche con la carta igienica o le salviette dell’osteria».
Cosa vuol dire per te fare arte nel 2020?
«Comunicare, punto. C’è grande bisogno di alternative e gli artisti possono darle. Il più grande errore è quello di pensare (o ridurre) l’arte come a un sistema elitario. No. L’arte è la nostra vera Chiesa, il punto d’incontro, un modo universale di comunicare ed è l’unico sistema per raccontare la complessità comprensibilmente. Puoi scegliere l’arte che ti è più congeniale, l’artista che ti emoziona e poi passare a un altro e un altro ancora. L’importante è non accontentarsi delle soluzioni facili, perché non esiste il facile, ma il comprensibile. Trova chi per te in quel momento riesce a fermarti un momento e a farti riflettere. Perché quel momento sei tu, è la tua storia. Tu sai dove sei stato, quel momento ti dirà dove andare».
Quali progetti hai per il futuro?
«Amo il mondo delle associazioni, delle Onlus, di chi si adopera per il sociale, per gli emarginati, i malati, le persone in difficoltà. Ho fatto diversi live in questi anni per loro e voglio continuare a farlo. I live, oltretutto, avvicinano all’arte, a un mondo ancora poco esplorato dalle persone comuni. Avvicinarle è stimolante per entrambi, si cresce insieme».
Hai qualche curiosità da raccontarci?
«Quando dipingo non ascolto musica, mi piace sentire parlare. Allora in sottofondo metto un documentario (“Blu Notte” di Lucarelli, come ogni diversamente giovane dovrebbe fare) o un film.
Quattro, per la precisione:
1- Alien (il primo, rigorosamente)
2 – Scarface
3 – L’Esorcista
4 – Shining
… Lo so, sono uno sbiellato».
Scopri il video dedicato all’artista